Gesù non guarda al nostro passato, ma a ciò che possiamo diventare a partire dal suo perdono.
Dal Vangelo secondo Giovanni (8,1-11)
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adultèrio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Il brano evangelico che apre questa quinta settimana di quaresima, l’ultima prima di essere catapultati nel mistero della passione, morte e risurrezione del Cristo, nei secoli ha fatto fatica ad essere accolto anche dalla Chiesa fino al punto che è stato stralciato dalla sua collocazione originaria nel Vangelo di Luca per trovare posto – sempre scomodo come spesso lo è Gesù anche per i suoi devoti – in quello di Giovanni.
È un Vangelo che mette a disagio tutti i suoi lettori perché di fronte al palese peccato di una persona, Gesù non chiede neanche un minimo di pentimento previo alla sua misericordia. Ma c’è di più: quel dito che traccia dei segni sulla terra è come se fosse puntato sui presenti e sui lettori: chi di voi è senza peccato?! Chi di voi può dire in coscienza e verità di non aver bisogno di perdono?
Scrive san Paolo ai Romani (3,23) che “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù”.
È questa Grazia, l’estrema gratuità del suo perdono, che ci scandalizza. Nessuna preventiva conversione, nessuna previa messa in prova, nessuna penitenza o punizione che dimostri il personale pentimento. Gesù non guarda al nostro passato, ma vede la nostra condizione attuale di miseria e, con lui, orienta lo sguardo in avanti, a ciò che possiamo diventare a partire dal suo perdono. Esso, infatti, è accompagnato da un movimento: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Da ora in poi inizia a camminare, da ora in poi cammina in un modo nuovo. Non stare fermo dove ti trovi, non accontentarti di esserti salvato, non accontentarti di tirare un sospiro di sollievo. La misericordia che hai ricevuto deve diventare forza per camminare in maniera diversa nella vita.
In discussione non c’è né il tuo peccato né la misericordia di Dio, ma cosa sarà di te e del dono che hai ricevuto.