Disprezza me

Disprezzare il Vangelo è disprezzare Colui che vi è annunziato.

Dal Vangelo secondo Luca (10,13-16)

In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».

 

 

 

L’esclamazione “Guai a te!” non è una minaccia, ma un grido di compianto e di lamento, “ahimè!” (cfr Lc 6,24ss). È il dolore di Dio per il male dell’uomo, il dolore dell’Amore non riamato.

In sé il rifiuto, come ogni altro male, non è direttamente contro Dio, ma contro chi lo rifiuta e così fa il proprio male. Ed è così che il male dell’uomo tocca infinitamente il cuore di Dio, perché egli ama l’uomo in modo infinito. Per questo il peccato provoca il lamento e la sofferenza reale di Dio. Il vero amore, quando non è amato, non minaccia. Non può che lamentarsi e morire di passione.

Gesù non condanna Corazin, Betsaida e Cafarnao, ma vuole far comprendere loro la grandezza del dono d’amore che esse hanno rifiutato, perché si ravvedano e l’accolgano. Il fine di ogni parola di Dio all’uomo non è la condanna, ma la conversione.

 

 

In un romanzo di Niko Kazantzakis, “Il poverello di Assisi”, pubblicato negli anni Settanta, si legge che un giorno, frate Leone, sempre attento a ciò che stava accadendo nella vita del padre e fratello Francesco, mentre si trovavano a La Verna, lo sentì piangere e, anche se con difficoltà, lo intese pronunciare questa frase: “L’amore non è amato, l’amore non è amato” . Con grande rispetto, Leone gli chiese: “Perché piangi fratello Francesco?” Francesco non rispose, semplicemente continuò: “L’amore non è amato, l’Amore non è amato”.
Leone, forse per consolarlo, ma anche sinceramente convinto di quello che gli voleva dire, interruppe il pianto di Francesco e replicò : “Francesco, non credi di aver già fatto abbastanza per Gesù, lasciando tuo padre e tua madre, e indicando ai tuoi amici un futuro luminoso?” E Francesco rispose: “No, non basta” .
Ma Francesco, – continuò Leone – non hai già fatto abbastanza spogliandoti dei tuoi bei vestiti e restando nudo davanti a tutti, andando a mendicare per le strade della tua città, abbracciando un lebbroso… fino al punto da essere preso per folle?”. E Francesco ancora rispose. “No, non abbastanza” .
Per la terza volta, Leone insistette: “Francesco, non ti bastano le sofferenze nella carne che ti procurano le stimmate, la ribellione e la disobbedienza di alcuni dei nostri fratelli, la malattia degli occhi?”. E Francesco di nuovo, e questa volta ad alta voce gridò: “No, non basta, non basta, non basta”. E così concluse: “Scrivi e ricorda nel tuo cuore, frate Leone, Dio non è mai abbastanza” .

Dio non è mai abbastanza“, questa è la risposta sconcertante di Francesco. Anche se per Dio e nel suo nome, egli in realtà aveva già fatto tante cose, tuttavia, questo ancora non bastava, ancora sentiva di dover gridare: “L’amore non è amato” .
Era il grido di un amante che sempre ha l’impressione di fare troppo poco per l’amato.

 

 

Come Gesù è l’apostolo del Padre, così anche noi siamo gli apostoli di Gesù, designati a continuare la sua missione di salvezza. Nei suoi messaggeri è presente Gesù e in Gesù è presente il Padre. La parola detta dai messaggeri, quando parlano secondo il vangelo, è la parola di Gesù e, in definitiva, la parola del Padre: “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato“. A noi il compito di amare Dio e di annunciare l’amore di Dio, sapendo che non sarà mai amato abbastanza.