Gesù non è venuto a darci delle dotte spiegazioni sul male, sul dolore e sulla morte, ma è venuto a prenderli silenziosamente su di sé.
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,29-34)
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Se la scorsa Domenica abbiamo assistito al battesimo di Gesù al Giordano come spettatori della scena, in questa Domenica con il testo del quarto Vangelo siamo riportati sulla stessa scena ma dal punto di vista di Giovanni il Battista. Di questi ne ascoltiamo la testimonianza diretta e personale.
È il Battista a indicare Gesù nella sua identità di servo sofferente che, come abbiamo sottolineato la scorsa Domenica, viene a farsi carico di tutto il male, il peccato e la sofferenza dell’uomo: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!”.
L’agnello, nella Bibbia, come del resto in altre culture, è il simbolo dell’essere innocente, che non può fare del male ad alcuno, ma solo riceverlo. Proseguendo questo simbolismo, la prima lettera di Pietro chiama Cristo “l’agnello senza macchia”, che, “oltraggiato, non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta”. Gesù, in altre parole, è, per eccellenza, l’Innocente che soffre.
Gesù non è venuto a darci delle dotte spiegazioni sul male, sul dolore e sulla morte, ma è venuto a prenderli silenziosamente su di sé. Così l’uomo non è chiamato a dare una spiegazione al male e alla morte, ma a consegnarli con umiltà a Colui che è venuto a farsene carico e li ha vinti per noi.
Non si tratta pertanto di schivare il male, il peccato e la morte – il cristiano non ne è esente per la sua fede – ma come dice san Paolo, «siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor 4,8-10).
Il male attraversa le nostre esistenze, l’esistenza di ogni uomo, ma possiamo restarne schiacciati o venire liberati dalle conseguenze del suo passaggio. L’immagine dell’agnello, infatti, ci riporta alla prima Pasqua di Israele in Egitto. La morte passò di porta in porta seminando il suo dolore con la morte dei primogeniti, ma passò oltre laddove le porte erano state segnate con il sangue dell’agnello che era stato sacrificato per la cena di quella notte. Non fu la giustizia degli israeliti che li liberò dallo sterminio, ma il sangue dell’agnello. Così oggi quanti sono segnati dal sangue benedetto dell’Agnello di Dio, Gesù Cristo, quanti cioè sono immersi per il battesimo nella morte e risurrezione del Figlio di Dio, sperimentano il passaggio del male alle porte delle loro vite, non per esserne colpiti mortalmente bensì come una “pasqua”, cioè un passaggio per la liberazione e la vita.
Gesù passa e vuole incontrare ogni uomo per prendere su di sé il suo peccato e la sua condizione di condannato a morte. Ci farà visita nell’ascolto religioso della sua Parola come anche nell’Eucaristia e nella comunità ecclesiale; passa in un evento inatteso o nell’ordinarietà del nostro vivere; lo si può trovare in famiglia, al lavoro o in compagnia di un amico; ci tenderà la mano in quella di un mendicante o di un ammalato, o ci chiederà di accoglierlo in chi ci ha fatto del male o nello straniero… molteplici e spesso improvvisi sono i suoi passaggi nella nostra vita, ma viene sempre per salvarci. «Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17).
Non temiamo il Signore che passa e che ci viene incontro. Sarà sempre l’occasione e il momento propizio per fare Pasqua, per compiere un salto di qualità e di salvezza per la nostra vita.
fra’ Saverio Benenati, ofm conv.