XX Domenica T.O. – B

L’amore è ciò che rende la vita degna di essere vissuta, spalancandogli le porte all’eternità.

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,51-58)

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

 

 

 

Dopo la narrazione del segno operato da Gesù (cf. Gv 6,11-13) e la comprensione di questo evento quale rivelazione di Gesù “pane di vita eterna” verso cui il Padre attira gli uomini (cf. Gv 6,26-51), oggi leggiamo alcune parole di Gesù che illuminano il gesto da lui lasciato ai discepoli più tardi, al termine della sua esistenza terrena: l’eucaristia, che Giovanni non presenta come “istituita” da Gesù nell’ultima cena (cf. Mc 14,22-25 e par.), ma pone qui come annuncio in bocca allo stesso Gesù.

Eppure, di fronte allo sconcerto dei suoi interlocutori, Gesù ribadisce l’affermazione e lo fa in tono particolarmente solenne: “Amen, amen, dico a voi: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita! … La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.

Va riconosciuto che questo annuncio eucaristico è davvero il grande mistero della fede e, insieme, il grande mistero dell’amore. È mistero della fede in quanto si tratta di mangiare e bere non un semplice cibo e una semplice bevanda, ma niente meno che la carne e il sangue del Figlio di Dio, colui che è disceso dal cielo (cf. Gv 3,13; 6,38.41.42) e al cielo è salito nell’ora della sua morte e resurrezione (cf. Gv 3,13; 20,17). È mistero dell’amore perché occorre accogliere, conoscere, amare e assimilare la vita di Gesù, nella certezza che essa è il racconto dell’agape, dell’amore di Dio per gli uomini (cf. Gv 3,16; 15,9; 17,23-26).

 

 

Ciò significa che dobbiamo campare di messe a profusione? Per niente affatto! Gesù dice che chi mangerà del suo corpo e del suo sangue avrà in sé la vita eterna. Ciò non significa che non avrà più alcun bisogno di apparecchiare ogni giorno la tavola per nutrire il proprio corpo e per essere in salute, ma che mangiando il suo corpo e il suo sangue, nutrendosi cioè dell’Eucaristia, vivrà in una condizione diversa, superiore, nella dimensione del Dio eterno ed immortale per cui le cose veramente importanti sono poche, anzi è una sola: l’amore.

Dio ce lo ha donato attraverso il suo Figlio nello Spirito santo che viene a dimorare nei nostri cuori, ma ce ne fa dono ogni giorno nella mensa eucaristica perché non solo il nostro spirito ne sia abitato, ma anche il nostro corpo – cioè il nostro camminare ed agire nel mondo, le nostre parole e le nostre azioni – ne sia sostenuto. Ogni uomo ha bisogno di essere amato e di poter amare. L’amore è ciò che rende la vita degna di essere vissuta. L’amore è ciò che scaccia ogni paura.  L’amore è gioia. L’amore è pienezza del cuore. L’amore è per sua natura eterno e dopo che lo si dona non lo si può richiedere indietro. L’amore vive di vita propria. L’amore è la vita stessa di Dio!

L’Eucaristia, vera carne e vero sangue immortali di Cristo, l’Amore incarnato, è il cibo dell’immortalità di questo nostro corpo mortale. Nell’Eucaristia si realizza il mirabile scambio per cui il Dio immortale si fa uomo mortale e si mette nelle nostre mani affinché la nostra vita mortale sia riempita e rivestita della sua immortalità.

E così, grazie a questo “pane disceso dal cielo”, le nostre giornate, il nostro quotidiano agire, si illuminano di una luce diversa, non vivendo più ansiosamente per spirito di sopravvivenza e per la salvaguardia di noi stessi, bensì serenamente per Colui che ci assicura che la nostra vita è nelle sue mani e che niente e nessuno potrà mai da esse strapparci.

Questo cibo d’eternità, d’altronde, non è altro che il memoriale del suo estremo sacrificio d’amore per noi: “Fate questo in memoria di me”. Ricordiamolo con tutta la mente e tutto il nostro cuore, soprattutto nei momenti di sconforto, che quanto Gesù ci ha detto, ci ha offerto e ci ha promesso l’ha sigillato con il suo stesso sangue versato sulla croce. La sua vita non è stata banale, né le sue parole cose da quattro soldi, promesse da marinaio, ma qualcosa per cui è valsa la pena morire sulla croce. È proprio per questa sua morte che abbiamo potuto ricevere la sua vita immortale, proprio quella che ha sconfitto la morte per sempre. È questo mistero d’amore, di morte e di risurrezione, che celebriamo, riceviamo e sperimentiamo ogni volta che mangiamo del suo pane e beviamo del suo calice.

fra’ Saverio Benenati, ofm conv.