Alla fine della nostra esistenza non ci verrà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili (B. Rosario Livatino).
Dal Vangelo secondo Luca (12,49-63)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Quanto è importante per la nostra vita il Vangelo di questa Domenica! È soprattutto importante per l’uomo di questo nostro tempo che al pari di una spugna fa entrare in sé stesso di tutto e di più, ogni cosa che la società gli offre nella sua contraddittorietà.
L’uomo moderno è infatti capace di prendere per buono e fare sua ogni “verità” e l’esatto suo contrario. E come quando si mescola l’acqua calda con quella fredda, il risultato è la tiepidezza.
È proprio contro questa mentalità “tiepida” che Gesù pronuncia questo discorso. Come rimprovererà nel libro dell’Apocalisse, egli non ci vuole affatto tiepidi: Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. (Ap 3-15-16).
C’è dunque un “fuoco” che Gesù è venuto a gettare sulla terra e che vorrebbe trovare già acceso in ognuno di noi. Si tratta, attenzione, di un atto purificatore (dal greco piuròs = fuoco). Il fuoco, infatti, è emblematicamente un elemento che brucia e quindi purifica, ma anche salda le cose. Gesù dunque ci sta dicendo che la sua missione è quella di venire a purificare le nostre menti e i nostri cuori dal guazzabuglio di idee e pseudo-verità che ci rendono degli schizofrenici esistenziali.
Come avverrà questa purificazione? Con il fuoco e l’immersione battesimale, due cose – il fuoco e l’acqua – evidentemente contraddittorie ma che in Gesù si incontrano, coesistono e fanno risplendere la verità. Come tutti ben comprendiamo, Gesù si sta riferendo alla sua croce che come afferma san Paolo è “stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio” (1Cor 1,18).
La croce, infatti, altro non è che l’affermazione potente dell’amore sul non-amore, come la luce del sole che soppianta le tenebre della notte. Infatti, Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. Gesù con la sua morte in croce, come fosse una spada, è venuto a dividere nettamente l’amore da ciò che non lo è; la pace dal quieto vivere o peggio dalla minaccia armata; ciò che è luce e luminoso da ciò che è tenebroso e oscuro… Lo dovremmo sapere tutti bene che l’amore è dono di sé all’altro e non soddisfazione dei propri appetiti; è donazione di sé anziché ricezione o, peggio ancora, pretesa.
A partire da Gesù non si può più vivere nella tiepidezza dei sentimenti e nell’ambiguità delle scelte ordinarie e straordinarie della vita. O si è bianchi o si è neri, o si è luce o si è tenebra, o si ama o si odia, o si fa la pace perdonandoci o si fa la guerra odiandoci, o si costruisce o si distrugge… o si sta dalla sua parte, quella dell’amore, o si sta dalla parte del maligno sterminatore. E questo ciò che hanno sperimentato i primi cristiani, a partire dal diacono Stefano, nell’epoca dei “martiri-testimoni” in cui per la loro coerenza estrema hanno dato la propria vita nel nome di Cristo fino a perdonare i propri carnefici.
Oggi, al contrario, ci si dice cristiani ma con atteggiamenti contraddittori e opere che di cristiano hanno poco o nulla. Ci si dice cristiani ma con la mentalità del mondo. Cristiani, ma non-praticanti; cristiani, ma con le proprie idee; cristiani, ma senza alcun impegno concreto né con una comunità e neanche nell’ambiente in cui si vive. Cristiani che fomentano la divisione, l’esclusione, la discriminazione. Cristiani che sostengono la cultura dello scarto e della morte tipica del razionalismo ateo e agnostico. In poche parole: cristiani “a modo mio”, obbedienti solo a sé stessi anziché al Vangelo dell’amore crocifisso e risorto.
Il magistrato Beato Rosario Angelo Livatino ebbe a dire in un suo discorso la celebre frase che dovremmo tutti scolpire sugli stipiti delle nostre menti ma anche delle porte delle nostre case così da ricordarcene quando entriamo e quando usciamo di casa: Alla fine della nostra esistenza non ci verrà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili.
fra’ Saverio Benenati, ofm conv,.