Corpo e Sangue di Cristo – A

Ogni uomo ha bisogno di essere amato e di poter amare. L’amore è ciò che rende la vita degna di essere vissuta. L’amore è il vero cibo dell’anima.

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,51-58)

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

 

 

 

In questa Domenica, solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la liturgia della Parola ci invita innanzi tutto a fare memoria. E lo fa con la prima lettura tratta dal Deuteronomio in cui Mosé invita il popolo a ricordare come è arrivato alle porte della terra promessa: «Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto… ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna… per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore».

Il popolo di Dio deve ricordare che si è trovato più e più volte in condizioni impossibili da risolvere – senza pane, senza acqua, in mezzo a serpenti velenosi, etc. – e che Dio ha risolto. Fare memoria non è però solo un riportare alla mente un avvenimento del passato, ma un re-cordare, un rivivere nel cuore quelle esperienze salvifiche della misericordia di Dio. Fare memoria è riprendere consapevolezza che la nostra vita è appesa ad un filo, che viviamo di tante cose inutili e superflue, mentre Dio è l’unica cosa veramente necessaria nel deserto della vita.

Mosé ci invita a fare un serio esame di coscienza: Di cosa viviamo? Da cosa facciamo dipendere la nostra vita, la nostra felicità, la nostra serenità esistenziale? Chi o cosa stiamo inseguendo?
Sinceramente dovremmo rispondere che la nostra vita è appesa a tante, troppe cose che passano, che non sono eterne né sono capaci in sé di aprirci ad orizzonti di senso e di speranza. Quanti cristiani dicono di vivere di Cristo, ma poi sono sempre ansiosi, lamentando paure o bisogni affettivi, psicologici, economici e di ogni altro genere. Quanti brontoloni nelle nostre comunità in cui il lamento è come una sorta di sport nazionale!

 

Ecco che Gesù viene a dirci che lui ha un cibo e una bevanda che hanno la vita in sé stessi e la capacità di donarla a chi se ne nutre. Cristo è e si propone come il nostro vero cibo, il soddisfacimento di ogni nostro bisogno: Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Ciò significa che dobbiamo campare di messe a profusione? Per niente affatto! Gesù dice che chi mangerà del suo corpo e del suo sangue avrà in sé la vita eterna. Ciò non significa che non avrà più alcun bisogno di apparecchiare ogni giorno la tavola per nutrire il proprio corpo e per essere in salute, ma che mangiando il suo corpo e il suo sangue, nutrendosi cioè dell’Eucaristia, vivrà in una condizione diversa, superiore, nella dimensione del Dio eterno ed immortale per cui le cose veramente importanti sono poche, anzi è una sola: l’amore.

Dio ce lo ha donato attraverso il suo Figlio nello Spirito santo che viene a dimorare nei nostri cuori, ma ce ne fa dono ogni giorno nella mensa eucaristica perché non solo il nostro spirito ne sia abitato, ma anche il nostro corpo – cioè il nostro camminare ed agire nel mondo, le nostre parole e le nostre azioni – ne sia sostenuto. Ogni uomo ha bisogno di essere amato e di poter amare. L’amore è ciò che rende la vita degna di essere vissuta. L’amore è ciò che scaccia ogni paura. Ma soprattutto quando si ama non lo si fa con il contagocce, con la scadenza appicciata sopra. L’amore è vita. L’amore è gioia. L’amore è pienezza del cuore. L’amore è per sua natura eterno e dopo che lo si dona non lo si può richiedere indietro. L’amore vive di vita propria. L’amore è la vita stessa di Dio!

L’Eucaristia, vera carne e vero sangue immortali di Cristo, l’Amore incarnato, è il cibo dell’immortalità di questo nostro corpo mortale. Nell’Eucaristia si realizza il mirabile scambio per cui il Dio immortale si fa uomo mortale e si mette nelle nostre mani affinché la nostra vita mortale sia riempita e rivestita della sua immortalità.

E così, grazie a questo “pane disceso dal cielo”, le nostre giornate, il nostro quotidiano agire, si illuminano di una luce diversa, non vivendo più ansiosamente per spirito di sopravvivenza e per la salvaguardia di noi stessi, bensì serenamente per Colui che ci assicura che la nostra vita è nelle sue mani e che niente e nessuno potrà mai da esse strapparci.

Questo cibo d’eternità, d’altronde, non è altro che il memoriale del suo estremo sacrificio d’amore per noi: “Fate questo in memoria di me”. Ricordiamolo con tutta la mente e tutto il nostro cuore, soprattutto nei momenti di sconforto, che quanto Gesù ci ha detto, ci ha offerto e ci ha promesso l’ha sigillato con il suo stesso sangue versato sulla croce. La sua vita non è stata banale, né le sue parole cose da quattro soldi, promesse da marinaio, ma qualcosa per cui è valsa la pena morire sulla croce. È proprio per questa sua morte che abbiamo potuto ricevere la sua vita immortale, proprio quella che ha sconfitto la morte per sempre. È questo mistero d’amore, di morte e di risurrezione, che celebriamo, riceviamo e sperimentiamo ogni volta che mangiamo del suo pane e beviamo del suo calice.

fra’ Saverio Benenati, ofm conv.