V Domenica di Pasqua – C

Dio ci ama nonostante il nostro peccato perché siamo suoi figli.

Dal Vangelo secondo Giovanni (13,31-35)

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

 

Anche questa Domenica, la quinta di Pasqua, ci viene posto dinanzi un breve testo, pochi versetti del cap. 13 del Vangelo secondo Giovanni.
La liturgia non a caso mette all’inizio della proclamazione il contesto delle parole di Gesù ai suoi discepoli: Quando Giuda fu uscito dal cenacolo.

È importante questa premessa. Gesù nel cenacolo ha lavato i piedi quale gesto della sua umiliazione e del suo amore sponsale per la Chiesa dei suoi discepoli, e tra questi c’è anche Giuda. Poi ha condiviso con essi la cena pasquale, anticipazione del suo sacrificio salvifico sulla croce, del dono totale di sé, e il “primo boccone”, la parte più importante riservata di norma all’ospite più importante ad un banchetto, è data a Giuda. Infine, frainteso dai discepoli, è Gesù stesso a sollecitare Giuda ad andare a compiere presto ciò che ha già nel cuore, il tradimento.

In tutte queste scene di quell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli appare manifesto come Giuda sia quasi il “protagonista” principale, l’ospite eccezionale, la guest-star di quella serata. Se vogliamo leggere attentamente tra le righe dovremo dire che la “Prima Comunione” in assoluto della storia del cristianesimo è stata ricevuta proprio da Giuda il traditore!

Tutto ci dice che quella sera Gesù non ha lesinato attenzioni per quello che sapeva essere il suo traditore. Lo ama di amore libero ed incondizionato, smisuratamente e ciò in coerenza a quanto aveva già dichiarato, di essere cioè venuto a chiamare a conversione e a salvare non tanto i giusti, quanto i peccatori. E siccome nessuno può convertirsi da solo e men che meno salvarsi se prima non ha sperimentato l’amore di Dio, così Gesù quella sera esprime e dona tutto il suo amore principalmente a Giuda che tra tutti è quello che ne ha maggiormente bisogno. Ciò nonostante, Giuda non cambia i propri sentimenti e Gesù stesso lo sollecita a dare seguito e compimento a ciò che gli sta chiudendo il cuore all’amore di Dio perché egli stesso, Gesù Cristo, possa portare finalmente a compimento la sua opera di misericordia e di salvezza che è e sarà anche per Giuda. Gesù, sulla croce, come aveva anticipato in quella sua ultima cena con i discepoli, verserà il suo sangue e morirà anche per il caro amico Giuda, discepolo infedele e traditore.

Se abbiamo compreso bene questa premessa, allora comprenderemo bene ciò che agli undici altri discepoli non fu immediatamente chiaro. Gesù parla di gloria, di essere stato glorificato proprio in quella cena e di aver glorificato allo stesso tempo Dio Padre. l’atto del glorificare, nell’accezione propria del termine, significa infatti rendere manifesto dinanzi a tutti il valore di qualcuno, le sue qualità e capacità. Ebbene, Gesù afferma senza ombra di smentita alcuna che quella sera, con quei gesti verso Giuda e gli altri discepoli, ha manifestato loro che Dio è amore incondizionato. Questo è Dio: ti ama non dopo che ti sei convertito e hai fatto chissà quali atti di penitenza per i tuoi peccati e i tuoi tradimenti, ma al contrario ti ama nonostante il tuo peccato perché sei suo figlio/a; ti ama perché vuole salvarti dal male che ti abita; ti ama perché non può tollerare che tu ti perda nelle tenebre che riempiono il tuo cuore. Lo fa fino alla fine, con un amore estremo, fino all’ultima goccia del suo sangue, fino all’ultimo suo respiro. Accetta di salire sulla croce, prendendo su di sé la tua condanna a morte, perché tu non muoia ma abbia la vita eterna, quella che spetta in eredità a tutti i figli di Dio e che il maligno vuole strapparci con la sua astuzia e con i suoi inganni.

Così Dio ti ama e non può amarti altrimenti perché il suo amore non dipende da te, ma dipende unicamente da Lui e dal suo essere tuo Padre, un vincolo che neppure tu, con i tuoi rinnegamenti e i tuoi tradimenti, potrai inficiare.

E se hai sperimentato questo amore nella tua vita, se sei tornato alla sua casa e al suo cuore, se ti sei lasciato avvolgere dalla sua misericordia, allora va’ e anche tu fa lo stesso: Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Se Dio è questo amore crocifisso ed estremo, particolarmente verso i peccatori e verso chi lo ferisce o lo rifiuta, non possiamo che annunciarlo e testimoniarlo amando allo stesso modo. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri.

Ma permettetemi di scrivere due ultime righe. I peccatori, i traditori, i rinnegatori dell’amore di Dio, prima di andarli a “cercare” fuori, nelle strade e nelle piazze, mettiamoci bene in testa che stanno “dentro il cenacolo”, in mezzo alla comunità dei discepoli che partecipa al banchetto eucaristico domenicale. “Sono forse io?” si chiedevano i discepoli quella sera. Sì, forse sono proprio io ad avere bisogno che oggi Gesù lavi i miei piedi e mi riservi un posto d’onore nella celebrazione eucaristica; forse proprio io ho bisogno che oggi Gesù mi tiri fuori dalle tenebre e mi salvi con tutto il suo amore.

fra’ Saverio Benenati, ofm conv.