Non ci farà male all’inizio della Quaresima sottoporci allo stesso stress-test a cui è stato sottoposto Gesù, per valutare la qualità del nostro essere e definirci figli di Dio.
Dal Vangelo secondo Luca (4,1-13)
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
Nell’ultimo decennio è entrato nel nostro linguaggio comune l’espressione inglese “stress-test” in riferimento alle banche e che in verità conoscevamo molto bene nella sua corrispettiva italiana “prova di sforzo” che ben comprendono, ad esempio, i cardiopatici. Lo stress-test o la prova di sforzo che dir si voglia è la voluta sollecitazione di un congegno, di un insieme di procedure, di un organismo meccanico come dell’organismo umano, per verificarne l’efficienza, per avere la prova che funziona bene o meno. Lo stress-test delle banche, per esempio, serve a capire se una determinata banca è capace di far fronte alle sollecitazioni negative provenienti dal mercato monetario, se cioè, nonostante i propri crediti, spesso “deteriorati”, cioè difficilmente esigibili, ha la possibilità di corrispondere il dovuto ai suoi creditori, ai risparmiatori che ad esse hanno consegnato i propri soldi.
La prova di sforzo è pertanto, da una parte, il mettere alla prova, sollecitare, tentare volutamente un qualcosa per ottenere, d’altra parte, la prova, l’evidenza che quella determinata cosa funzioni come dovrebbe o meno.
Mi scuso per questa introduzione, ma credo fosse importante per capire l’ambivalenza delle parole “prova” e “tentazione”: entrambe portano da un lato una connotazione negativa – essere messo alla prova, essere tentato – e da un altro lato una connotazione positiva – ad esempio, averci provato o averci tentato a fare qualcosa per ottenere un risultato auspicabilmente positivo -.
Tante cose, finché non vengono provate, finché non “si tenta” di sottoporle ad uno sforzo, non è possibile valutarle dalla loro sola apparenza.
Come di un’auto, finché non si farà la “prova su strada”, sarà impossibile valutarne la stabilità o l’efficienza o la resistenza agli impatti; così di un matrimonio, finché non sarà sottoposto alla prova dell’incomprensione o del tradimento, non sarà possibile valutarne la solidità; così anche di un’amicizia, finché non passerà alla prova delle aspettative deluse, non sarà possibile valutarne l’incrollabilità.
Il sottomettere alla prova per avere la prova di qualcosa (la tautologia è voluta, scusatemene) porta sempre in sé una parte di sofferenza – lo stress – e una parte di soddisfazione – il risultato del test -. La valutazione, per quanto talvolta possa essere al di sotto delle aspettative o perfino negativa, è sempre qualcosa di positivo se la si vede come qualcosa di certo, una base certificata da cui ripartire, adottando le opportune misure per migliorare le prestazioni.