Se non prendiamo sul serio e non ascoltiamo le richieste dei giovani e particolarmente degli adolescenti, si rischia l’implosione o l’esplosione di un’intera generazione.
Esistono le baby gang? Certamente. Ci sono adolescenti aggressivi e violenti? Nessun dubbio dubbio. Esiste il problema del bullismo e del cyberbullismo? E quello relativo all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati? Sicuramente!
Ma pensare di mettere in fila tutti i problemi che riguardano i minori per trarne conclusioni negative, per teorizzare che l’intero pianeta dell’infanzia e dell’adolescenza sia il grande malato dei nostri anni, è un’operazione scorretta e inopportuna. Una narrazione negativa che non corrisponde alla realtà e che va contestata. Esiste sicuramente un’emergenza educativa che si nutre ed è espressione dell’incapacità del mondo degli adulti di affrontarla con lungimiranza.
Carla Garlatti, autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, presentando l’annuale Relazione al Parlamento, non ha negato che esistano dei problemi, ma decisamente negato che le tante emergenze rappresentino il mondo giovanile nella sua globalità. Soprattutto, ha fatto notare di fronte anche al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, occorre smetterla con l’ignorare i minori e il loro disagio: “Se non li prendiamo sul serio e non ascoltiamo le loro richieste rischiamo l’implosione o l’esplosione di un’intera generazione. E penso che siamo tutti d’accordo nel non volere nessuna di queste due cose”.
Troppo spesso lo spazio dedicato ai minori e ai giovanissimi nella comunicazione è quello che li vede imputati di reati, come avviene anche in riferimento agli adulti. Ma accanto ai pochi alberi che candendo fanno rumore, occupando gli spazi di cronaca, non fa da contraltare il resto della foresta che crescendo rivendica altrettanta attenzione.
Oggi i ragazzi manifestano rabbia per scelte che passano sopra le loro teste. È come – ha osservato Garlatti – se fossero relegati in un mondo a parte, separato da quello degli adulti. Pensiamo alla questione del cambiamento climatico che è fortemente avvertita dai ragazzi mentre il mondo degli adulti sembra indifferente. Su questa questione, come su tante altre, i ragazzi fanno di tutto per far sentire la loro voce, ma di fatto restano inascoltati.
La Consulta dei ragazzi e delle ragazze promossa dall’Autorità garante ha perciò indirizzato una lettera al presidente della Repubblica, in cui, tra l’altro, si esprime la preoccupazione per i risultati della consultazione pubblica “Il Futuro che vorrei”, secondo cui “poco meno della metà di noi ragazzi e ragazze è molto o abbastanza convinto di non poter cambiare le cose” e si sollecitano le istituzioni a dare un forte segnale ai giovani “riguardo la volontà di ascoltarli e valorizzare le loro idee perché solo così noi potremo essere artefici del nostro futuro”. Grande spazio alla questione ambientale, con l’allarme sul cambiamento climatico “che impatterà in maniera significativa sulle nostre vite. Per questo – scrivono ancora i ragazzi – abbiamo a cuore questo tema: ne va del nostro futuro. Infatti, noi vivremo in un mondo sul quale però adesso possiamo avere un impatto limitato senza la collaborazione della classe politica che legifera”. Nel testo viene posto in evidenza anche il tema della salute mentale dei giovani: “In questa società che ci chiede di essere performanti, che propone modelli fisici particolarmente irraggiungibili, non si presta però attenzione alla cura delle emozioni con ricadute talvolta drammatiche come i disturbi del comportamento alimentare, i disturbi d’ansia e quelli depressivi”.
Insomma, anche dalle aule della politica, i ragazzi chiedono semplicemente, ma con determinazione, di essere ascoltati. Ascoltati non solo a livello verbale, ma anche emotivo, nei loro bisogni e nelle loro aspettative. Una richiesta che riguarda tutto il mondo degli adulti, in ogni settore della società, compreso quello ecclesiale.
Troppe volte – sempre! – negli ambienti ecclesiali ci si interroga su quali attività proporre ai più giovani, con quali iniziative intercettare i loro interessi… Forse basterebbe semplicemente aprire degli spazi di ascolto, delle piazzole di sosta in cui i giovanissimi possono esprimere sé stessi in libertà e sapere di essere ascoltati senza i pregiudizi stereotipati tipici degli adulti.