L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni (Papa Paolo VI).
Dal Vangelo secondo Giovanni (10,22-30)
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
La Chiesa è spesso provocata dall’esterno a dimostrare l’esistenza di Dio e che Gesù è veramente chi diceva di essere, il Figlio di Dio, il Salvatore, il Cristo Signore. Anche al suo interno spesso si trovano pastori e fedeli che della dimostrazione argomentata di Dio e di altre verità della fede ne hanno fatto una missione personale.
Ma Gesù per primo non ha inteso dimostrare alcunché a parole. L’ha fatto con le opere. Per dirci che Dio è amore, ha amato. Per dimostrare l’amore salvifico di Dio, è salito, muto, sulla croce. Per instaurare il suo Regno, ha consegnato il suo Spirito. È questa “parola” che Gesù ha pronunciato e che altri hanno poi messo per iscritto nei racconti evangelici.
Ancora oggi ci si fida di Gesù, si ascolta la sua Parola, lo si segue come discepoli formando comunità missionarie, non a forza di dimostrazioni teologiche, ma per aver fatto esperienza viva e personale del suo amore. È il richiamo di questa voce d’amore che i discepoli riconoscono e seguono, perché conoscono l’amore di Gesù, lo hanno incontrato e sperimentato personalmente. Tutto il resto è secondario.
«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 41)