Tutti abbiamo bisogno di una mano d’aiuto piuttosto che un dito puntato contro.
1 Samuele 26,12
Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore.
Nel capitolo 26 del primo libro di Samuele ci viene narrato l’episodio in cui Davide, pur avendone la possibilità, rinuncia a colpire il suo nemico giurato.
Il re Saul, accecato dall’invidia e dall’odio, scende nel deserto con una truppa di tremila uomini armati deciso a stanare ed eliminare il giovane Davide e i suoi fedelissimi compagni d’armi. Venuta la sera, mentre Saul e la sua truppa si accampano per la notte e si addormentano, si presenta a Davide un’opportunità unica: uccidere il proprio nemico e prendere il suo posto quale re d’Israele. Il narratore annota che su Saul e la sua truppa “era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore”. Sì, il loro sonno è talmente profondo che neanche si accorgono che Davide si intrufola nell’accampamento e, accostandosi fisicamente al re, gli ruba la lancia e la brocca dell’acqua.
Abisài, amico di Davide, gli aveva proposto di uccidere il re nel sonno con un sol colpo – “Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico…” -, ma Davide si rifiuta di alzare la mano contro il suo nemico.
Per due volte nel testo viene detto che Dio ha offerto a Davide su un vassoio d’argento la testa del nemico. Invece, quella che da chiunque sarebbe interpretata come un’opportunità offerta da Dio, Davide la legge come una prova. “Davide disse ad Abisài: «Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?»”. Anche se Saul è un re che ormai agisce per interesse personale piuttosto che del popolo, anche se a fronte della sua fedeltà, Davide ne riceve solo odio, il giovane guerriero frena i suoi istinti, riconoscendo che dinanzi a Dio l’assassinio del re sarebbe un crimine.
Talvolta anche a noi si presenta l’opportunità di vendicarci sui nostri nemici, sembra proprio che Dio stesso operi in nostri favore per poterci fare giustizia del male subìto, ma il gesto di Davide e il suo epilogo ci danno una grande lezione: Saul riconoscerà che Davide non è il nemico che si era immaginato, anzi è un amico fedele con cui intesserà una relazione più forte di prima. Davide aveva avuto l’opportunità di eliminare un nemico, invece, con il suo gesto, si acquisterà un amico.
Ecco l’insegnamento di questo episodio che diventa chiave di lettura dell’insegnamento di Gesù al capitolo 6 del Vangelo di Luca: “amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male…”. Tanti diranno che è paradossale se non impossibile agire in questo modo. Ma proviamo a leggere al contrario l’insegnamento di Gesù:
– odia il tuo nemico,
– fai del male a chi ti odia,
– maledici chi ti maledice,
– agisci contro chi ti tratta male,
– fai a pezzi chi ti percuote sulla guancia,
– spoglia chi ti ha strappato il mantello,
– manda via chi ti chiede qualcosa,
– a chi prende le tue cose, togligli tutto.
Non so se è più facile agire così, so che talvolta anche in me albergano questi sentimenti e avrei una voglia matta di farla pagare a chi mi ha fatto del male. Ma so anche che così agendo avrei perso l’opportunità di conquistarmi un amico e, soprattutto, non potrei più dirmi figlio di Dio.
“Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo” e forse riusciremo anche a vivere e relazionarci da fratelli e costruire insieme un mondo migliore.
Ah!, quasi dimenticavo: io stesso troppe volte ho agito e continuo ad agire da nemico verso altri e ho fatto e continuo colpevolmente a far loro del male. Anch’io ho bisogno che qualcuno mi offra l’opportunità di ravvedermi e di potergli essere fratello e amico. Anch’io ho bisogno di una mano d’aiuto piuttosto che un dito puntato contro.
fra’ Saverio Benenati, OFM Conv.