I personaggi biblici che caratterizzano il tempo di Avvento ci richiamano, ognuno a suo modo, ad un atteggiamento di vita cristiana che spesso sottovalutiamo: la gioia. Qualcuno dirà che la gioia è un sentimento naturale che nasce spontaneo a motivo di come vanno le cose nella vita di ogni giorno. Concorderei pienamente se avessimo l’accortezza di cambiare un verbo: dal “come vanno le cose” al “come si vivono le cose”.
I personaggi biblici che caratterizzano il tempo di Avvento ci richiamano, ognuno a suo modo, ad un atteggiamento di vita cristiana che spesso sottovalutiamo: la gioia. Qualcuno dirà che la gioia è un sentimento naturale che nasce spontaneo a motivo di come vanno le cose nella vita di ogni giorno. Concorderei pienamente se avessimo l’accortezza di cambiare un verbo: dal “come vanno le cose” al “come si vivono le cose”.
Non è un dettaglio da poco. Le cose, nella vita – salute, lavoro, relazioni sociali e affettive, economia, politica, ecc. – seguono un proprio corso, influenzato dal male fisico e morale che pervade tutta la creazione. Ma noi non siamo pezzi di legno gettati nel mare vorticoso di questo mondo, sballottati dalle onde. È perciò fondamentale per un discepolo di Gesù “prendere posizione” di fronte agli accadimenti di questo mondo. Gesù ha detto che noi, suoi discepoli, siamo in questo mondo, ma non apparteniamo ad esso. I discepoli di Cristo, infatti, si qualificano proprio per essere uomini “in sequela”, dietro Gesù, “in cammino” verso una patria eterna, un regno che non è di questo mondo.
Anche in questo senso, l’incarnazione di Gesù, è per noi un esempio. Dice Pietro: Cristo Gesù ci ha lasciato un esempio perché noi ne seguissimo le orme (cfr 1Pt 2,21). Gesù ha attraversato la storia umana pienamente da uomo, soffrendo tutte le contraddizioni del mondo e soprattutto caricandosi sulle spalle tutto il peccato del mondo. E lo ha fatto avendo sempre dinanzi a sé la visione chiara del progetto di salvezza eterna del Padre. Ed è per questo che può dire ai suoi discepoli, di fronte alla prospettiva di persecuzioni, violenze, sconvolgimenti planetari…: alzate il capo! (Lc 21,28)
Il discepolo di Cristo è una persona che sa guardare avanti perché tiene il capo alzato e gli occhi fissi sulla meta finale del proprio cammino. Quanto, allora, è significativo l’invito ad alzare il capo! Abbiamo mai fatto caso che quando i problemi prendono il sopravvento, quando siamo intristiti e addolorati, teniamo la testa bassa, con gli occhi che guardano in basso, mentre quando siamo gioiosi o almeno sereni, teniamo la testa alzata con gli occhi rivolti in avanti? Quando teniamo il capo abbassato e i nostri occhi sono colmi di tristezza, non solo siamo incapaci di guardare avanti, ma non ci accorgiamo neanche di chi ci sta accanto. Siamo un po’ come i discepoli di Emmaus che, accompagnandosi mestamente verso il loro villaggio, non riescono a riconoscere Gesù nel viandante che è al loro fianco.
Quante volte abbiamo fatto questa esperienza: quando ci accade qualcosa che ci rende tristi, ci chiudiamo in noi stessi, in una solitudine che non permette a chi ci sta accanto o vuole esserci accanto di risollevarci. Spesso non lo permettiamo neanche al Signore: non si prega più, ci si allontana dal gruppo, non si ha voglia di partecipare alle celebrazioni della comunità… non comprendendo né accettando che è proprio in questi momenti e in tali contesti che Gesù vuole essere il nostro liberatore! Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina! Vicina come lo è il Regno di Dio, non in senso temporale, anche!, ma soprattutto in senso fisico. Vicina in quanto fisicamente accanto, perché Gesù cammina accanto a noi, Gesù ci precede nel farsi carico delle sofferenze del mondo. Perciò, affida al Signore il tuo peso ed egli ti sosterrà (Sal 55,23), risollevati ed alza il tuo capo, il tuo liberatore è accanto a te.
Ecco, dunque, il fondamento della speranza cristiana che si esprime in un atteggiamento gioioso dell’affrontare la vita, comprese tutte le sue difficoltà che talvolta ci schiaffeggiano come onde tempestose. “Perché dovrò temere nei giorni del male, quando mi circonda la malizia di quelli che mi fanno inciampare?” (Sal 49,6). Il cristiano non teme nei giorni del male perché sa che Gesù ha vinto il venerdì santo, ogni venerdì di passione che vede protagonista ogni uomo. Anche il malfattore che gli era compagno di crocifissione, alzando il capo, vede realizzarsi la promessa: oggi sarai con me nel paradiso (Lc 23,43), nel giardino della gioia.
Facciamoci, dunque, accompagnare nel tempo di Avvento-Natale da coloro che hanno già sperimentato la gioia di stare con Gesù e impariamo da loro a vedere realizzata la nostra speranza di un Dio vicino e fedele alle sue promesse, che ci fa alzare il capo dall’asservimento alle disperazioni di questo mondo per guardare oltre, ad una beatitudine eterna che è causa di gioia nell’oggi della nostra pur turbolenta storia. Da Maria che canta esultante di gioia al Signore perché è fedele alle sue promesse, quelle fatte ad Abramo e alla sua discendenza. Da Elisabetta che partecipa, insieme al bimbo che porta nel grembo, alla gioia di Maria, già beata perché “ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Da Simeone che avendo finalmente visto con i propri occhi il Signore può concludere i suoi giorni nella pace. E poi dai pastori, chiamati a guardare in alto, a quella pace che viene dal cielo, causa di “una grande gioia” per tutto il popolo. E, infine, ma non ultimi, dai magi, che affrontano le difficoltà di un lungo viaggio con lo sguardo rivolto al cielo, lasciandosi guidare in mezzo alle tenebre da quei segni di luce che il Signore ci offre anche attraverso la creazione, quella stessa creazione che vive nella speranza che anch’essa “sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,21).
Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera (Rm 12,12). Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti (Fil 4,4).
fra’ Saverio Benenati