Per tutto il popolo

La gioia della salvezza è per tutto il popolo di Dio e per tutti i popoli che non lo conoscono né lo attendono e noi, non gli angeli del cielo, ne siamo costituiti messaggeri.

L’angelo che reca l’annuncio del gioioso evento della nascita nella carne del Figlio di Dio dice ai pastori che tale gioia non è solo per loro ma anche per tutto il popolo (cfr Lc 2,11). È per i pastori che vegliano sotto le stelle le greggi come per quanti, chiusi nelle loro case, non hanno aperto le porte al bussare di Dio. È per Erode, che teme questo discendente della casa di Davide come un usurpatore del suo potere, come per i sacerdoti che tengono in mano le redini e le sorti del popolo di Dio. È per gli scribi che pur conoscendo mediante la Scrittura il luogo della venuta del Messia non si vi si recano insieme ai magi a cui hanno dato le giuste indicazioni, come per i farisei, che si ritengono così giusti da non sentire il bisogno di farsi suoi discepoli.
È per i pubblicani, le prostitute, i lebbrosi e per quanti sono esclusi a priori da una qualunque sorta di relazione con Dio e tanto meno da ogni possibilità di salvezza. È per i poveri, i sordi, i ciechi, gli storpi e quanti, feriti nella propria umanità, sono costretti ai margini della vita e della società. Ma è anche per quei ricchi sordi e ciechi nei confronti del grido degli oppressi. È per gli sfiduciati come per quanti confidano unicamente in sé stessi e nelle proprie capacità, intelligenza e forza. La gioia del Natale è per tutto il popolo, quella porzione di popolo di Dio che è Israele, chiamato, per elezione di Dio, ad essere luce per tutte le genti affinché formino l’unico e universale – cattolico! – popolo di Dio.

Infatti, come l’annuncio al popolo di Israele che è nato il Salvatore partirà da un campo di pastori situato fuori le mura di Betlemme, così, circa trentatrè anni dopo, da un giardino fuori le mura di Gerusalemme partirà l’annuncio che il Salvatore ha compiuto la sua opera, un annuncio destinato a raggiungere tutti i popoli fino ai confini della terra.

Ma tutto parte da uno sparuto e quanto mai improbabile gruppo di uomini. A Betlemme sono i pastori – gente considerata losca, impura, destinata a vivere ai margini della società – a ricevere e a diffondere l’annuncio della nascita del Salvatore. A Gerusalemme i destinatari e i messaggeri dell’annuncio della Salvezza saranno prima le donne – considerate inattendibili – tra cui Maria di Magdala, da cui erano usciti sette demoni; poi pescatori, ex pubblicani, zeloti… non proprio gente affidabile sotto l’aspetto religioso, nella pratica cultuale e nella conoscenza delle Scritture.

Eppure sono i pastori a portare il lieto annuncio alla città e alle case che hanno chiuso le porte al Figlio di Dio, così come Pietro e gli altri porteranno l’annuncio della Salvezza per primi proprio a coloro che lo hanno voluto togliere di mezzo consegnandolo alla morte.

Se, dunque, noi – miseri e peccatori, come direbbe San Francesco – abbiamo sperimentato la gioia dell’incontro con il Salvatore e la sua salvezza, non possiamo non fare nostra la missione di portare e condividere tale gioia con coloro che non lo hanno accolto, che gli hanno chiuso le porte, che lo hanno lasciato fuori dalla propria vita e che ogni giorno lo crocifiggono con il proprio volontario rifiuto.

La gioia della salvezza è per tutto il popolo di Dio e per tutti i popoli che non lo conoscono né lo attendono e noi, non gli angeli del cielo, ne siamo costituiti messaggeri.
Come ai pastori viene dato un segno da essi ben comprensibile, alla loro portata, cioè la mangiatoia; come ai magi – scrutatori dei cieli – viene dato il segno della stella ad essi ben conosciuto; come a Pietro, pescatore, viene dato il segno della rete piena di pesci… così agli uomini di oggi, ai nostri amici, colleghi e familiari viene dato un segno ad essi ben conosciuto e comprensibile: noi stessi, figli di questi tempi e di questa società e cultura scristianizzate. Quale migliore e più efficace segno della credibilità dell’annuncio di cui siamo portatori possiamo dare al “popolo” se non quello della nostra umanità trasformata dall’accoglienza di Gesù e della sua salvezza?

Carissimi fratelli e sorelle, discepoli di Cristo, ciò che abbiamo visto, udito, toccato, contemplato… è “per tutto il popolo”! Nessuno deve esserne escluso a priori. Dal Natale proseguiamo con questa consapevolezza e con la gioiosa determinazione e parresia dei pastori e degli apostoli: Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato (At 4,20).

fra’ Saverio Benenati