Quale virus t’impedisce di servire il Signore e i fratelli?
Dal Vangelo secondo Luca (4,38-44)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagòga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagòghe della Giudea.
Quale virus t’impedisce di servire il Signore e i fratelli e in più pretende che siano gli altri a mettersi al tuo esclusivo servizio?
“Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26). La suocera di Pietro guarita, perciò, è l’immagine della nuova comunità dei credenti, la Chiesa, in cui non c’è spazio per gente allettata, ma solo per gente che serve.
Come Gesù e con Gesù, abbiamo bisogno di attingere nella preghiera la forza di portare avanti la missione, l’unica vera missione: l’evangelizzazione. E l’evangelizzazione parte sempre dalle ginocchia, ginocchia che sanno pregare e ginocchia che si abbassano a terra per lavare i piedi dei fratelli.
Non ci accada di ritenere compiuta la nostra fede solo gridando, come gli indemoniati del vangelo di oggi, l’identità di Gesù, ma senza metterci al suo servizio, piegando le nostra ginocchia dinanzi al Nome che è al di sopra di ogni altro nome.