Il seguire e servire Cristo prima che essere un’opera concreta è innanzi tutto una questione di mentalità.
In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi». (Mc 10,28-31)
Questo episodio evangelico ci costringe ad una riflessione approfondita sul senso della sequela di Gesù. Abbiamo infatti qui un Pietro che presenta a Gesù il conto della sequela: Abbiamo lasciato tutto per Te, cosa ne otterremo in cambio? Come ci ripagherai? È il Pietro calcolatore, che si è fasciato la testa con un rotolo di scontrini. Sta seguendo Gesù, ha veramente lasciato famiglia e lavoro, casa e barca, per andare dietro Gesù, ma è lui a stare dalla parte del registratore di cassa. È lui, Pietro, il padrone della situazione. Serve il Maestro, sì, ma da padrone dell’esercizio commerciale… Quanta strada dovrà ancora percorrere per una vera sequela di Gesù!
Sulla riva del lago di Tiberiade, dopo che Gesù ha pagato il conto dell’umanità – quello che san Paolo definisce il documento scritto della nostra condanna (cfr Col 2,14) – inizierà per Pietro la sua vera sequela, collocandosi dalla parte di chi è debitore nei confronti di Colui che ha pagato al suo posto un conto salatissimo: “Quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21,18).
Solo nell’ottica di questo radicale cambiamento di mentalità (= conversione) Pietro potrà scrivere nella sua prima lettera: “Cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà… non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza… Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. ” (1Pt 1,13.14.18-19).
Cingere i fianchi della mente. Che significa? Il cingere i fianchi nella Scrittura indica il servizio, il rendersi pronti o l’atto stesso del servire. Gesù, durante la sua ultima cena, si cingerà i fianchi con un asciugatoio e passerà a lavare i piedi dei suoi discepoli per indicare ciò che avrebbe di lì a poco compiuto quale Servo sofferente e Sposo dell’umanità. Quando Pietro scrive la sua prima lettera ha compreso che il servizio del cristiano prima che essere un’opera concreta è innanzi tutto una questione di mentalità. Si può servire il Signore nella Chiesa con la mentalità del padrone che fa tutto per averne un tornaconto, un ritorno commisurato al servizio reso oppure, al contrario, si può servire con la mentalità della restituzione, di chi ha compreso che il prezzo è stato già pagato.
La vera conversione a Cristo si avrà quando ci cingeremo i fianchi della mente non di scontrini, ma con quelle fasce che hanno avvolto dall’inizio – a Betlemme – alla fine – nel sepolcro nei pressi del Calvario – l’Agnello immolato, prezzo del nostro riscatto.
Fra’ Saverio Benenati, ofm conv.