Il passato che pesa

Mi costa credere ai bruschi cambiamenti delle persone, anche a quelli della mia stessa anima. Non si smette di essere chi si è dal giorno alla notte. Il cambiamento è lento, progressivo, da dentro a fuori.

A volte, però, i cambiamenti sono bruschi. Penso a Saulo, penso a Paolo e la sua conversione mi colpisce. Si converte e inizia un nuovo cammino. I cambiamenti radicali colpiscono. Saulo cambia nome, vita, amici, futuro.

È grande quello che può fare Dio quando lo lasciamo agire. Saulo diventa cieco, e quando torna a vedere è tutto diverso. Spogliato di tutto, svuotato di se stesso, si riempie di Dio e inizia ad essere cristiano. Da ebreo fedele e rispettoso diventa un cristiano appassionato.

I cambiamenti così bruschi mi costano. Può essere che a volte non mi fidi di loro. Il problema è mio. Dio può fare tutto, lo so. Ma mi manca la fede. Forse anche a Pietro è costato credere a quel Paolo che aveva smesso di perseguitare i cristiani per diventare egli stesso un cristiano. Spaventa. È come un cambiamento impossibile. Tutti al suo fianco ancora tremavano ricordando il suo passato, le sue persecuzioni, il suo sguardo.

Si prende sempre su di sé il proprio peccato. La propria storia di dolore e di gioie. I peccati e i miracoli. Le ferite e le macchie.

Saulo lo ha sofferto sulla propria pelle. Portava nell’anima le ferite della sua vita. La sua storia era incisa nel suo petto col sangue e col fuoco. La sua vita, il suo modo di amare e di essere, non si comprendevano senza i suoi giorni precedenti di persecuzioni.

Portava sempre con sé il ricordo di coloro che avevano lapidato Stefano, le grida di dolore e il pianto, il sangue effuso mentre lui applaudiva. Il convertito porta per sempre sulla sua pelle la fuga, l’abbandono, la perdita, la rottura, il peccato.

Tutti, in realtà, abbiamo molto di Paolo e di Saulo. Abbiamo molto dei convertiti. Portiamo dentro di noi un persecutore di cristiani e un seguace di Cristo.

Viviamo con la contraddizione incisa nell’anima. Vogliamo le cose più sublimi e abbracciamo quelle più detestabili. Nello stesso gesto affondiamo e ci alziamo. Cadiamo e ci risolleviamo. Amiamo fino a dare la vita e respingiamo l’amore senza alcuna paura.

Siamo divisi dentro. Spezzati nel profondo. Gli estremi si toccano nel cuore. Siamo capaci del meglio e del peggio. Siamo così. Di carne e di fuoco. D’acqua e di vento. Di spirito e di terra. Portiamo la grazia e il peccato nelle nostre mani d’argilla.

E Dio arriva a guarire la nostra ferita più profonda. Egli può crearci di nuovo. Ci accarezza e ci sostiene. Ci abbraccia e ci solleva. Può cambiarci se lo lasciamo agire. Può reinventarci quando diciamo di sì. I ricordi pesano sull’anima. Ma la misericordia di Dio è molto più forte della mia colpa.

Mi piace credere a quel Paolo che è Saulo. A quel Saulo che diventa Paolo. È riuscito ad acquisire un nuovo atteggiamento fondamentale nella sua anima. È possibile. Ma Saulo continuerà sempre a vivere in Paolo. È parte di lui per sempre. È parte della sua identità sacra.

E allo stesso tempo, in quella caduta da cavallo, in quel cambiamento radicale, sorgerà nella sua anima un nuovo modo di vivere.

Padre Josef Kentenich ricordava quanto sia importante arrivare ad avere una convinzione fondamentale nell’anima, un atteggiamento di vita. Al di là degli atti concreti, ciò che conta è l’atteggiamento interiore soggiacente, la motivazione fondamentale.

Diceva: “Non è così grave se qualche volta non si copre qualche servizio o si commette una sciocchezza. È un diritto umano di portata generale. Ma dobbiamo dare importanza a che si crei questa disposizione di spirito. E se notiamo che ci sono cose che derivano da un’errata disposizione dello spirito dobbiamo intervenire. Quando altri commettono grandi errori che però non derivano da un’errata disposizione dello spirito, possiamo fare un po’ come se niente fosse”.

Gli atti esterni possono essere espressione di una verità più profonda o semplicemente gesti formali che non corrispondono alla verità della nostra vita.

Possiamo fare cose, rispettare norme, soddisfare aspettative, seguire orari e accettare richieste. Possiamo seguire le cose alla lettera, ma può essere che non mettiamo il cuore in ciò che facciamo, che quello che viviamo non sia nostro, che non siamo disposti a dare la vita per quello che realizziamo.

Il cuore può stare in un altro luogo mentre noi agiamo solo nel corpo. Ma quando la convinzione soggiacente è profondamente radicata, le cadute e le mancanze contano meno.

Perché ci sostiene un filo che non si spezza. Un filo di fuoco. Una forza interiore che non affoga. C’è un’unità interiore.

(P. Carlos Padilla; fonte: Aleteia.org)