La grande fede di Francesco

Francesco, nella fede, vede nel sacerdote, il Figlio stesso di Dio, che prolunga sulla terra la sua azione di redenzione e di santificazione.

Quando Francesco scrive il suo Testamento siamo a circa tre secoli prima del Concilio di Trento (1545- 1563), che deciderà, tra l’altro, l’organizzazione delle diocesi e del clero e la costituzione dei seminari per formazione del clero. In pieno Medio Evo il clero, tranne quello che si era formato all’interno dei monasteri benedettini, non eccelleva né per formazione né per morigeratezza dei costumi. Eppure Francesco scrive nel suo Testamento che il Signore gli diede una “grande fede” nei sacerdoti, a prescindere dei loro evidenti peccati, della loro eventuale povertà e perfino quando gli si mostrassero ostili personalmente.

Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.
E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.
E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita.

San Francesco, Testamento: FF 112-115

Per Francesco, tutti i sacerdoti, santi e peccatori, poveri o ricchi, hanno la stessa dignità. La fede di Francesco in essi, infatti, non si sofferma sulle azioni morali, ma, al di là della povertà umana, sa cogliere il valore sacramentale – a motivo del loro ordine –  del sacerdote.

San Francesco conosce bene la situazione dei sacerdoti del suo tempo, ma non si lascia per nulla influenzare dagli atteggiamenti tipici dei movimenti ereticali, come ad esempio i Catari e i Valdesi a lui contemporanei, ma, ben saldo nella fede alla Chiesa e fedele alla sua identità di frate minore, abbraccia nella fede i sacerdoti “poverelli”, in cui, attraverso il loro ruolo sacramentale, gli si rivela lo stesso Dio che gli si era mostrato povero e crocifisso tra i lebbrosi accolti con misericordia.

La dignità del sacerdote e l’esercizio del ministero non sono sminuiti dalla debolezza dell’uomo. In forza della loro consacrazione i sacerdoti sono i soli che possono compiere quell’immenso miracolo quotidiano che è la consacrazione del pane e del vino: solo essi possono rendere presente Cristo in mezzo agli uomini. La fede di Francesco nel sacerdote è apertura e sottomissione, fiducia e venerazione, perché “nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri”.

Anche nella Lettera a tutti i fedeli, Francesco raccomanda “riverenza verso i chierici, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per l’ufficio e l’amministrazione del santissimo corpo e sangue di Cristo che essi sacrificano sull’altare e ricevono e amministrano agli altri”.

Sfogliando le pagine dei suoi scritti, ci accorgiamo subito che per Francesco il sacerdote è fondamentalmente l’uomo dell’Eucaristia e della Parola. Il sacerdote è il ministro del corpo e del sangue di Cristo; colui che consacra, amministra e distribuisce l’Eucaristia, il vero corpo e sangue del nostro Signore Gesù Cristo. C’è una stretta relazione tra l’essere del sacerdote e il sacrificio eucaristico, per il quale il Figlio di Dio “ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile, ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote” (Ammonizione I, 16-18: FF 144). È davvero interessante vedere come qui Francesco pone un’analogia tra il grembo della Vergine che ha accolto il Verbo fatto carne e le mani del sacerdote che, sotto il segno del pane, accolgono il Cristo nel Sacrificio della Messa. Come Maria, il sacerdote, ogni giorno, genera Cristo e lo dona all’umanità. 

Il sacerdote, ministro dell’eucaristia, è anche rappresentante di Dio, un mediatore tra Dio e gli uomini. Francesco, nella fede, vede nel sacerdote, il Figlio stesso di Dio, che prolunga sulla terra la sua azione di redenzione e di santificazione. Il sacerdote dunque rende presente Cristo nel mondo, e pur nei suoi limiti, agisce nel mondo per salvarlo. Senza il sacerdote, manca l’eucaristia, manca il Cristo vivo e visibile sotto le apparenze del pane e del vino, manca la possibilità della salvezza, perché “chi non mangia la sua carne e non beve il suo sangue, non può entrare nel regno di Dio” (Lettera ai fedeli IV, 23: FF 189) e “tutti dobbiamo sapere fermamente, che nessuno può essere salvato se non per mezzo delle sante parole e del sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che i chierici pronunciano, annunciano e amministrano” (II Lettera ai fedeli, 34-35: FF 194). 

Francesco non riesce a nascondere il suo stupore di fede dinanzi al rapporto “celeste” tra Gesù Eucaristico e il sacerdote: Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! (Lettera a tutto l’Ordine, 26-27: FF 221). 

Negli scritti di Francesco ci sono poi riferimenti anche al ministero che il sacerdote svolge verso la Parola di Dio, soprattutto nel compiersi dell’avvenimento eucaristico. Da una parte, Francesco osserva che “molte cose sono santificate mediante le parole di Dio e in virtù delle parole di Cristo si compie il sacramento dell’altare”, essendo pienamente consapevole che “non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola”. Da qui il dovere di “onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole di divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita”. Poi, Francesco, insiste sul fatto che “ovunque siano trovati i santissimi nomi e le parole scritte [del Signore] in luoghi illeciti, siano raccolti e collocati in luogo conveniente”. Dobbiamo pertanto sottolineare il fatto che per Francesco c’è un legame molto stretto tra Parola e Eucaristia, i due grandi tesori affidati al ministero sacerdotale, e attraverso cui noi possiamo vedere nella fede il nostro Signore: “niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo ed il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti «da morte a vita»” (II Lettera ai chierici, 1-3: FF 207). Francesco esorta anche fortemente i sacerdoti a “prendersi cura” con fede del sacramento dell’Eucaristia e della Parola. Nella Lettera a tutti i chierici egli mette in guardia i sacri ministri dalle profanazioni eucaristiche di cui essi stessi potrebbero macchiarsi a causa di negligenza ed ignoranza. Ed esorta loro ad amministrare con fede e decoro il sacramento del corpo e del sangue del Signore Gesù e la sua Parola rivelata. Gesù si pone ogni giorno “nelle nostre mani”, ma anche noi ministri saremo “nelle sue mani”, nel “giorno del giudizio”.

Infine, legato all’Eucaristia è anche il sacramento del perdono. Rivolgendosi a tutti i fedeli, Francesco dice loro: “dobbiamo anche confessare al sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da lui il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo”.

Ecco, dunque, il terzo grande tesoro che Francesco ha ricevuto dal Signore e che ci consegna nel suo Testamento: il sacerdozio ministeriale. Per mezzo dei sacerdoti Francesco ha ricevuto dal Signore una “grande” fede perché solo attraverso di essi fa esperienza quotidiana, viva e vera, di Gesù, al pari dei suoi discepoli e della stessa Vergine Maria che lo portò fisicamente nel suo grembo.

Quanto è importante per noi francescani di oggi fare tesoro di questo dono! Così scriveva Papa Benedetto XVI nella lettera di indizione dell’Anno Santo Sacerdotale del 2009: “Ci sono, purtroppo, situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti”. E, citando testualmente il santo Curato d’Ars, così rinnovava l’alta considerazione che la Chiesa dovrebbe fare propria con S. Giovanni M. Vianney nei confronti dei sacerdoti: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore… Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra… Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni… Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie… Il prete non è prete per sé, lo è per voi”.

Facciamo nostri i sentimenti di “grande fede” nei sacerdoti di San Francesco e preghiamo perché il Signore non faccia mancare alla sua Chiesa il dono di questi ministri della sua perenne incarnazione.

Padre di misericordia, che hai donato il tuo Figlio per la nostra salvezza e sempre ci sostieni con i doni del tuo Spirito, concedici comunità cristiane vive, ferventi e gioiose, che siano fonti di vita fraterna e suscitino fra i giovani il desiderio di consacrarsi a Te e all’evangelizzazione. Sostienile nel loro impegno di proporre una adeguata catechesi vocazionale e cammini di speciale consacrazione. Dona sapienza per il necessario discernimento vocazionale, così che in tutto risplenda la grandezza del tuo amore misericordioso. Maria, Madre ed educatrice di Gesù, interceda per ogni comunità cristiana, affinché, resa feconda dallo Spirito Santo, sia fonte di genuine vocazioni al servizio del popolo santo di Dio. 

(Papa Francesco, Messaggio per la 53ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni) 

fra’ Saverio Benenati

IL TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO