La piaga dello spopolamento

Con l’arrivo dell’estate, terminati gli esami di maturità o il percorso universitario, tanti giovani preparano le valigie in vista di una emigrazione forzata verso migliori opportunità. E i dati Istat non sono confortanti.

 

 

Nelle due ore di dialogo tra il Papa e i Vescovi di Sicilia in occasione della visita ad limina che i presuli dell’isola hanno svolto a Roma da lunedì 29 aprile a venerdì 3 maggio, uno dei temi affrontati è stato lo spopolamento della nostra Regione.

Il Vescovo di Acireale, Mons. Antonino Raspanti, ha dichiarato alla stampa che quello dell’emigrazione è stato uno dei temi principali del colloquio con il Papa: «Ormai è fortemente negativo il bilancio fra nascite e “fughe”. Abbiamo paesi dell’entroterra che sono in gravissima difficoltà: penso a quelli dove gli abitanti sono scesi da 10mila a 4mila. Si emigra per studiare e perché uno dei problemi ancestrali rimane quello del lavoro che non c’è. Ne sono ben consapevoli anche i migranti che sbarcano lungo le nostre coste: anche loro cercano luoghi che garantiscano benessere e occupazione; quindi se ne vanno dalla Sicilia».

Inoltre, le comunità sono sempre più costituite da persone anziane che tra l’altro sono spesso sole, senza la vicinanza affettiva e di cura da parte dei familiari in genere, particolarmente di figli e nipoti. Guardando alla realtà ecclesiale siciliana, Mons. Raspanti non nasconde una crescente difficoltà: «Abbiamo carenza di collaboratori pastorali nel campo educativo: dai catechisti agli animatori di oratori. Erano donne e uomini dai 25 ai 40 anni che hanno lasciato la Sicilia per motivi di studio o di lavoro. Poi si sta riducendo il numero delle famiglie che in genere sono fra i “motori” delle parrocchie. Sappiamo che questo avviene anche in altre regioni d’Italia. Ma da noi, ad esempio, la migrazione dei laureati è una perdita secca che accentua la mancanza di cultura di impresa, la scarsità di occupazione, le difficoltà di progettualità. Fattori che non aiutano la Sicilia a uscire dagli ultimi posti delle classifiche in cui ci troviamo».

 

 

Lo scorso anno, Il Vescovo di Cefalù, Mons. Giuseppe Marciante, ha preso carta e penna e ha indirizzato una lettera proprio ai giovani in procinto di partire dalla loro terra. «Provo solo a immaginare – scriveva il presule – quale possa essere la variegata schiera di sentimenti, più o meno celati, che si annida nei vostri cuori nel lasciare genitori, fidanzati, amici, luoghi e pezzi di vita; pezzi di anime e di storie. Penso a un intreccio di amarezza, rabbia, tristezza e sconforto verso una terra che, pur restando madre, non sa darvi più da mangiare, da vivere». Siamo di fronte a «una piaga sociale, economica, culturale, politica, ecclesiale e pastorale».

 

 

I dati dell’Istat
Secondo gli ultimi rilevamenti dell’Istat pubblicati lo scorso 28 Maggio, la fuga dei siciliani dall’isola, soprattutto se giovani e laureati, non accenna a diminuire. In valori assoluti la Sicilia è la seconda regione d’Italia con più emigrazione, e la destinazione preferita è una città del Nord Italia.

Nel biennio 2022-23 si sono registrati complessivamente 253mila trasferimenti di residenza da un Comune meridionale verso uno centro-settentrionale (con una media annua pari a 127mila movimenti, +13,3% rispetto al 2021). I movimenti sulla traiettoria opposta nel 2022-23 sono stati in totale 124mila, e confermano una perdita di popolazione del Mezzogiorno a vantaggio del Centro-nord pari a circa 129mila residenti. La Campania è la regione con il maggior numero di cancellazioni (28,8%), seguita da Sicilia (24,1%) e Puglia (18%).

Non ci sono dati specifici sull’emigrazione dalla Sicilia di chi ha un alto titolo di studio, ma resta centrale un dato diffuso dall’Istat a livello nazionale: quattro giovani emigrati italiani su dieci hanno almeno una laurea. L’Istat evidenzia inoltre che la destinazione preferita dai siciliani e in generale dei giovani del sud Italia è una città del Nord Italia più che una destinazione estera. È così che il Mezzogiorno nel decennio 2013-22 ha perso più di 168 mila giovani laureati, emigrati nel Settentrione.

Il dato nazionale, nello stesso periodo che va dal 2013 al 2022, riferisce che in totale oltre un milione di giovani ha lasciato il paese, di cui 352 mila tra i 25 e i 34 anni. Di questi, 132 mila erano laureati. Di contro, 104 mila giovani della stessa fascia d’età è rientrato, con 45 mila laureati, facendo registrare una perdita netta di 87 mila giovani laureati. Nel 2022, gli espatri di giovani laureati sono aumentati del 23,2% rispetto al 2021, mentre i rientri sono diminuiti del 18,9%. Con un saldo migratorio negativo di 12 mila laureati.

A livello interno, dei 168 mila giovani laureati persi dal Mezzogiorno, la Lombardia ne ha avuto il maggior guadagno netto, acquisendo 57 mila giovani nonostante una perdita di 16 mila verso l’estero. L’Emilia-Romagna ne ha guadagnati 29 mila. In termini relativi, proprio Emilia-Romagna e Lombardia hanno i tassi migratori positivi più alti (+0,7 e +0,6 per mille), mentre Basilicata e Calabria hanno i tassi negativi più elevati (-1,2 per mille ciascuna). La Campania ha registrato la maggiore perdita a Sud con 46 mila giovani emigrati, mentre la Sicilia registra la quinta maggiore perdita (-0,7 per mille). A livello nazionale, i trasferimenti interni – spiega Istat – compensano questi spostamenti, ma solo per Nord e Centro, che hanno attratto rispettivamente oltre 125 mila giovani laureati e 13 mila giovani dal Mezzogiorno.