Tu sei missione!

La forma verbale più adatta per descrivere il discepolato risponde al verbo essere: non si ha una missione da svolgere, ma si è missionari perché discepoli.

 

 

Nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco leggiamo che ogni cristiano in forza del battesimo è un discepolo-missionario, per cui «non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”» (EG, 120).

Spesso si pensa alla vocazione cristiana in generale e a quella di particolare consacrazione – religiosa e/o sacerdotale che sia – a qualcosa che si declina col verbo avere e lo stesso dicasi per la missione – avere la vocazione, avere una missione da compiere – dimenticando che la forma verbale più adatta per descrivere la vita cristiana risponde al verbo essere. E questo scambio di verbi avviene quando, appunto, si disgiunge il discepolato dalla missionarietà, per cui al massimo si afferma che siamo discepoli che hanno una missione da compiere.

Ciò comporta che non tutti i discepoli si concepiscono anche missionari, come se la missione evangelizzatrice fosse qualcosa che alcuni hanno ed altri no. Invece, è vero tutto il contrario: siamo discepoli e perciò siamo missionari e siamo missionari perché siamo discepoli di Cristo. Non può esistere l’uno senza l’altro, tanto che la missione «non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (EG 273).

Il Signore non ci chiama per noi stessi, per la nostra santificazione personale. Ciò non apparterrebbe alla logica di Dio e del Vangelo poiché Dio è Amore e l’amore esige di suo un “tu” da amare, un “tu” a cui condividere l’amore di Dio che abbiamo sperimentato personalmente. Gesù, fin dall’inizio del suo ministero pubblico, chiamò a sé chi egli volle perché stessero con lui e per inviarli (cfr Mc 3,13), per essere discepoli e per essere inviati.

 

 

L’identità di ogni discepolo missionario, come ogni identità umana, si forma, si caratterizza, dentro la storia, dentro il divenire storico di ognuno personalmente. Siamo quello che siamo perché c’è una storia alle nostre spalle che ci ha caratterizzato in un modo o in un altro, e ciò che saremo domani sarà frutto di ciò che siamo oggi, senza necessariamente dovergli essere uguale.

Le nostre esistenze, il nostro discepolato missionario, è qualcosa che si va compiendo giorno per giorno. Nessuno può dirsi “arrivato”, nessuno ha il diritto di accomodarsi perché ritiene di aver compiuto la propria missione. Il compimento di noi stessi, del nostro essere discepoli missionari, avverrà nel giorno in cui staremo con Dio, contemplandolo faccia a faccia. Risuonano potenti e significative le parole di sant’Ignazio di Antiochia il quale, chiedendo ai cristiani di Roma di non intervenire per evitargli il martirio in uno dei circhi della capitale dell’Impero presso cui lo stanno conducendo in catene, afferma: «Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo».

 

 

Dentro la storia di ogni uomo, nel suo divenire, ci sono allora delle tappe fondamentali, che pongono cioè le basi : la chiamata alla vita; l’incontro personale con Gesù che genera la fede e da cui deriva immediatamente anche la chiamata al discepolato missionario declinata nella vita matrimoniale, nella paternità/maternità, nel mondo del lavoro, dell’economia, della politica ovvero la chiamata alla consacrazione religiosa o sacerdotale; e il compimento quando saremo chiamati a varcare le soglie dell’eternità. Ciascuna di queste tappe fondamentali, fondanti cioè il nostro futuro, ci chiede sempre di abbandonare qualcosa per accogliere qualcosa di più grande, di migliore, la nostra “parte migliore” che viene da Dio e che nessuno potrà toglierci.

Nel mezzo di queste tappe fondamentali, ci stanno quei piccoli passi quotidiani che ci conducono al pieno compimento di noi stessi e della nostra vera identità: persone da incontrare e con cui condividere il cammino riadattando i nostri passi al loro ritmo, gioie e pesi da condividere, feriti di cui prendersi cura, rischi e difficoltà da affrontare, opportunità da cogliere e., soprattutto, vele da dispiegare perché il soffio dello Spirito ci porti sempre al largo dalle nostre confort-zone.

 

 

Gesù ci ha insegnato a chiedere ogni giorno al Padre nostro che “si compia ” la sua volontà, quella volontà di salvezza del mondo intero che si compie ogni giorno attraverso il nostro “sì” quotidiano alla sua Grazia che ci fa essere oggi ciò che siamo chiamati ad essere, nei modi che ci da di esprimerci e nei luoghi in cui lo Spirito ci conduce come discepoli missionari di Cristo e del suo Vangelo.