Chiusa una porta…

Chiusa la Porta Santa del Giubileo straordinario della Misericordia, si apre per noi il tempo di essere un porticato di misericordia, Chiesa dalla braccia aperte che conduce al cuore misericordioso di Gesù.

Alcuni giorni fa, durante un’assemblea fraterna, un confratello mi ha chiesto: «Terminato il Giubileo, qual è il tema del prossimo anno?». Istintivamente ho risposto che non c’era nessun tema, ma subito dopo mi sono corretto: «Dare quello che abbiamo ricevuto quest’anno, dare misericordia!».

Con la solennità di Gesù Cristo Signore e Re dell’universo, si conclude un anno in cui la Chiesa ha contemplato in Gesù il volto misericordioso del Padre, l’essenza stessa del Dio in cui crede e che la abita. Molti, in verità, hanno concentrato l’attenzione sulle opere di misericordia, nel senso discendente – pellegrinaggio giubilare, sacramento della riconciliazione, altre opere di pietà – e nel senso ascendente, cioè nel compiere quelle opere di misericordia corporali che sono servizio alla “carne di Cristo” nei poveri, gli ultimi, i miseri.

Tutto nell’ordine delle cose, di un evento giubilare che si rispetti. Credo, però, che talvolta questo “fare”, giusto e santo, abbia spostato l’attenzione dal senso di questo Giubileo che è stato annunciato da Papa Francesco con una Bolla di indizione dal titolo eloquente: Misericordiae Vultus, il Volto della Misericordia del Padre che è Gesù. Come il Papa ha tentato di far comprendere in tutti i modi lungo quest’anno – in verità fin dall’inizio del suo pontificato – la Misericordia non è tanto un modo di operare di Dio e di conseguenza dell’uomo, ma è l’essenza stessa di Dio e pertanto della Chiesa: Dio è Misericordia e la Chiesa non può che essere misericordiosa come il Padre-Dio, sull’esempio e sulla scia di Gesù Volto di Dio-Misericordia. E ciò non è affatto scontato.

Troppo spesso la Misericordia di Dio, proprio perché concepita come un modo (tra i tanti) dell’agire di Dio, è proposta alla visione dell’uomo insieme a tutta una serie di “distinguo”, di “se” e di “ma” e così lo stesso riguardo la Chiesa che sarebbe di conseguenza chiamata ad esercitarla allo stesso modo.

Un tal modo di concepire la Misericordia in Dio pone di fatto dei “limiti” all’essenza “illimitata” di Dio. Se Dio è Misericordia, lo è infinitamente e illimitatamente. Gesù, Volto di Dio-Misericordia, ce lo ha rappresentato in tutto il suo ministero pubblico, anzi ne ha fatto la cifra della sua incarnazione, fino al suo apice sulla croce quando ad un malfattore che riconosce il suo peccato e il suo limite a darsi salvezza da solo – che opera poteva compiere in quella situazione, inchiodato alla croce? – offre un perdono pieno ed incondizionato: «Oggi con me sarai in paradiso» (Lc 23,43).

Dio non è, a secondo dei casi e delle situazioni, talvolta misericordioso, talvolta giudice. Dio è giusto nel suo essere misericordioso poiché, sapendo che l’uomo non è da sé capace di darsi salvezza, gli dona Misericordia, gli dona in Gesù tutto sé stesso, perché possa vivere e vivere nella giustizia.

Nella recente intervista rilasciata per il quotidiano Avvenire, Papa Francesco ha espresso la sua speranza al termine di quest’anno santo: «che tante persone abbiano scoperto di essere molto amate da Gesù e si siano lasciate abbracciare da Lui». Questa in primo luogo era la “porta santa” da attraversare quest’anno. Adesso, però, come recita il detto popolare che chiusa una porta si apre un portone, viene a noi la grande opportunità e insieme la grande sfida di essere Chiesa che ama e abbraccia come Gesù.

Continua il Papa nell’intervista: «La misericordia è il nome di Dio ed è anche la sua debolezza, il suo punto debole. La sua misericordia lo porta sempre al perdono, a dimenticarsi dei nostri peccati. A me piace pensare che l’Onnipotente ha una cattiva memoria. Una volta che ti perdona, si dimentica. Perché è felice di perdonare. Per me questo basta. Come per la donna adultera del Vangelo “che ha molto amato”. “Perché Lui ha molto amato”. Tutto il cristianesimo è qui.». Sì, tutto il cristianesimo è qui: nel ricevere misericordia e nel fare misericordia allo stesso modo. Guai alla Chiesa che intendesse mettere paletti nel diffondere tale dono. Se Gesù è la “porta” della Misericordia, la Chiesa deve essere il “portone” a cui «affluiranno tutte le genti» (Is 2,2), «verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio» (Lc 13,29).

Mi piace pensare alla Chiesa come a quelle braccia significativamente espresse dal colonnato del Bernini in Piazza san Pietro, al cui vertice c’è quella “porta” di Misericordia che simbolicamente si trova nella posizione del cuore di chi sta stendendo quelle braccia.

La Chiesa non ha una Misericordia propria da gestire a suo piacimento, può solo allargare le braccia per poter portare tutti gli uomini al proprio cuore che è Gesù Misericordioso. Questo è il motivo del suo esistere. Se, pertanto, il cuore misericordioso di Dio non è mai chiuso, non lo sarà neanche quel “portone”, anzi quel “portico”, privo appunto di porte, che sono le sue braccia accoglienti aperte a tutti.

Umanamente non è facile pensare e agire così, ma se apriremo il nostro cuore a Gesù – «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20) – potremmo anche fare nostra la visione dell’autore dell’Apocalisse per condividerla ad ogni uomo: «Ecco, una porta era aperta nel cielo» (Ap 4,1).

In quanto discepoli missionari, noi giovani del Movimento Giovanile Francescano, insieme a tutta la Chiesa, abbiamo l’arduo compito di essere la “mano” di Gesù che bussa particolarmente al cuore dei giovani e di sapergli offrire contemporaneamente la visione di quella porta spalancata nel cielo ove la Chiesa, radunata al banchetto di nozze dell’Agnello, canta in eterno le sue lodi. È la stessa missione che Francesco ha fatto sua proprio ottocento anni fa nel chiedere l’indulgenza della Porziuncola: «Vi voglio tutti in Paradiso!».

fra’ Saverio Benenati, ofm conv
Resp. MGF-Sicilia