Dare pieno compimento

Solo mettendoci in movimento ci renderemo conto delle catene che ci bloccano.

Dal Vangelo secondo Matteo (5,17-19)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

 

 

 

A forza di parlare di perdono e di misericordia in questi giorni di quaresima, forse anche a qualche lettore di questi commenti quotidiani sarà venuto a noia il discorso.

Forse qualcuno starà pensando che ci sono cose più importanti e significative nella vita: c’è bisogno di giustizia sociale, c’è bisogno di lavoro per i giovani, c’è bisogno di essere in buona salute, etc. D’altronde il mondo è pieno di persone cattive e questi discorsi sulla misericordia e il perdono, oltre che non rendere giustizia agli afflitti, non fanno altro che permettere ai malvagi di continuare nel loro modo di essere e di fare…

E, invece, è vero il contrario: il discorso sulla misericordia di Dio è di capitale importanza, è questione di vita o di morte. Per tutti è stabilito un tempo, ed è ora, in cui possiamo decidere se orientare la nostra esistenza verso un destino di morte eterna o dirigerlo verso il grembo da cui scaturisce la vita eterna.

La vera questione non è sull’oggi – anche! – ma soprattutto sul domani, sul nostro destino ultimo.

Possiamo scegliere di goderci il nostro piccolo orticello che ci siamo allestiti con cura, con tanto di filo spinato attorno, oppure di incamminarci, seppur con fatica, verso quel giardino-paradiso che Dio ha preparato per noi fin dall’eternità. Solo se ci muoveremo ci renderemo conto delle catene che ci tengono prigionieri.