Il discepolo di Gesù è sempre un inviato con la forza che viene da Dio.
Dal Vangelo secondo Luca (9,1-6)
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
Il discepolo di Gesù è sempre un inviato, tanto che non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari” (cfr Evangelii Gaudium, 120).
Ma la missione, l’unica missione di edificare il regno di Dio, la sua Casa, non è opera umana, bensì divina. Perciò Gesù, chiamando a sé i suoi discepoli, “diede loro potere e autorità” e perché fosse chiaro che la loro non sarà opera umana, chiede di non preoccuparsi di nulla, neppure di ciò che sembra indispensabile: “Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche…”.
Come Esdra (cfr Esd 9,5-9), dobbiamo avere la consapevolezza che la Casa di Dio, la sua Chiesa e il suo Regno che la travalica, sono un dono della Grazia divina che si serve delle nostre fragilità e piccolezze e cresce e si edifica nonostante le nostre infedeltà e inadeguatezze.