Invece di essere fermento, tutti vogliamo essere pasta lievitata e magari già cotta.
Dal Vangelo secondo Luca (13,18-21)
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Non lasciarti ingannare dalle apparenze: «quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono» (1Cor 1,27-28).
È luminosa la pagina del Vangelo di oggi, chiara la citazione paolina che abbiamo inserito a suo commento. Allora, perché noi cristiani aspiriamo a riempire le piazze, ad avere forza e rappresentanza, a contare? Perché corriamo dietro alle statistiche e, invece di essere fermento, vogliamo essere pasta ben lievitata e magari già cotta? Perché non traiamo le conseguenze e invece di preoccuparci per i numeri che calano, non ci occupiamo di mettere lievito nella poca farina del nostro orcio o di piantare semi nel campo incolto delle nostre città?
Abbiamo il coraggio di lasciare risuonare la Parola di oggi in mezzo a noi anche se giudica le nostre aspirazioni pastorali spesso poco evangeliche!