Ascensione del Signore – B

Gesù, assumendo la nostra natura umana e ritornando al Padre, ci svela il senso della nostra esistenza.

Dal Vangelo secondo Marco (16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

 

 

 

Perché l’episodio dell’ascensione al cielo di Gesù è così importante tanto da occupare un posto anche nella Professione della nostra fede cristiana, il Credo?

Nel Vangelo di Giovanni leggiamo che Gesù sapeva “che era venuto da Dio e a Dio ritornava” (13,3). Non si tratta semplicemente di un viaggio di andata e ritorno di tipo esperienziale, che cioè, come recitiamo nel Credo, “discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, mori e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre”. È, invece, se così possiamo dire, un “viaggio” di tipo esistenziale, che riguarda l’essenza stessa di Gesù, come anche leggiamo in Fil 2,6-11: “egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre”.

Gesù, Verbo eterno del Padre, connaturale a Dio, ha assunto la nostra natura umana per compiere l’opera della nostra salvezza per mezzo della sua morte e risurrezione. Al compimento di quest’opera, vissuta nella condizione umana di fragilità e di sofferenza, Gesù, senza abbandonare la nostra natura umana, torna a rivestirsi pienamente delle vesti di potenza e di gloria della sua natura divina.

È questo ritorno allo splendore della gloria divina, ma con l’aggiunta – non l’abbandono! – della nostra umanità, che noi celebriamo nella sua cosiddetta “ascesa al cielo”. L’uomo in Cristo Gesù ha un posto accanto a Dio, nel cuore stesso della santissima Trinità. Quel posto è anche il mio e il tuo, nella misura in permettiamo a Gesù di prendere la mia e la tua umanità fragile e peccatrice e di rinnovarla con la potenza della sua risurrezione.

Dobbiamo metterci bene in testa che il nostro punto di arrivo non è quaggiù, nella nostra misera esistenza a termine, ma lassù, nei cieli, dove siede Cristo alla destra del Padre. Quanto ne guadagnerebbe la nostra vita se sapessimo finalizzare “nei cieli” tutte le nostre opere, se sapessimo discernere non in base a ciò che ce ne torna quaggiù, ma in base alla méta finale che sono i cieli, l’eternità in e con Dio. Noi viviamo in una perenne frustrazione che talvolta sfocia nella depressione, perché facciamo tutto secondo un termine prestabilito, cioè fin quando non muoio, o al massimo nella speranza che qualcuno dopo di noi continui quello che abbiamo iniziato. E quando ci rendiamo conto che quanto abbiamo fatto, investendovi risorse ed energie, investendovi tutta la nostra stessa vita, finirà insieme a noi o dovrà essere consegnato ad altri che non sappiamo come lo condurranno, ci accorgiamo del non-senso del nostro vivere ed agire.

 

 

Quanto è importante conoscere il fine delle cose, il fine delle nostre opere, il fine della nostra vita. Non tanto sapere come finirà, ma qual è il suo fine ultimo, il suo scopo, il suo senso. A tutti sarà capitato di rifiutarci di fare qualcosa di cui non conoscevamo lo scopo, il suo senso: perché lo devo fare, qual è il senso di questa cosa? Ma pochi di noi si chiedono quale sia il senso della propria vita: perché vivo? perché faccio questo o quell’altro? dove sto andando a parare?
Gesù, assumendo la nostra natura umana e ritornando al Padre, ci svela il senso, l’obiettivo della nostra esistenza. Noi siamo come dei pellegrini incamminati verso la Gerusalemme del cielo in cui Dio ha la sua stabile dimora. Finché non ci pensiamo così, daremo sempre troppo peso alle cose che prima o poi dovremo lasciare, alle fatiche del nostro vivere quotidiano, allo studio, il lavoro, gli affetti, ai fallimenti, alle cadute e ricadute, vivendo così da disorientati, senza una méta da raggiungere e in cui siamo attesi.

La domanda fondamentale che dovrebbe sottostare ad ogni nostra scelta nella vita è: la sto facendo per il cielo o per che cos’altro? Questa cosa arriverà con me in cielo o la dovrò lasciare o per giunta, una volta in cielo, me ne dovrò vergognare?
Perciò, san Paolo può così esortarci: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3,1-2). Solo i risorti, solo coloro che già vivono di cielo, pensano, scelgono, operano in funzione del cielo, lasciando alla morte ciò che gli appartiene: Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; non dite menzogne gli uni agli altri (Col 3,5-9).

Che gran differenza tra il vivere per la vita e il vivere per la morte, tra il vivere da viventi e il tentare di vivere da morenti. È Gesù che fa la differenza. Fa’ che la tua vita sia differente orientandola alla destra del Padre, dove Gesù vive in eterno. È questo modo di vivere che ti svelerà un segreto altrettanto importante, che cioè Gesù non ti ha mai abbandonato, ma ti accompagna, agisce con te e ti conferma nella tua vita nuova e nella missione di guarire e liberare questa umanità malata di non-senso: Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

fra’ Saverio Benenati, ofm conv.