Il Signore non si è dimenticato dell’uomo, non l’ha abbandonato a sé stesso e al suo destino di morte. Lui è l’Emmanuele, il Dio con noi per sempre, fino alla fine del mondo.
Dal Vangelo secondo Luca (1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Siamo giunti alla quarta Domenica di Avvento ed è ormai imminente la memoria della venuta del Signore Gesù nella carne, pegno della sua venuta nella Gloria alla fine dei tempi di cui abbiamo abbondantemente parlato nelle precedenti domeniche. E mentre nella scorsa Domenica, quella della “gioia”, abbiamo sottolineato il fatto che motivo della nostra gioia è che il Signore ci ama così come siamo in questo momento, anche quando noi non ci consideriamo degni di un solo suo sguardo e capaci di redenzione, questa Domenica vediamo, per così dire, la gioia in atto attraverso l’episodio della visita di Maria alla cugina Elisabetta.
Maria ha appena ricevuto un lieto annuncio, un Vangelo, anzi il più grande e più importante dei vangeli. Lei, giovane donna di un piccolo villaggio galileo di dubbia reputazione – Natanaele dirà: Da Nàzaret può venire qualcosa di buono? (Gv 1,46) – riceve da Dio l’annuncio che sarà madre del Figlio di Dio, il Santo, il Salvatore. Proprio in vista di questa sua speciale maternità, Maria fu pensata, voluta e creata senza peccato, immacolata fin dal suo concepimento. Ma chissà che idea aveva di sé stessa questa giovane fino a quell’eccezionale momento. Era consapevole della sua identità, della sua vocazione e della sua missione? È chiaro che no. Come ogni giovane ragazza dell’epoca era stata promessa in sposa a un certo Giuseppe. Non sappiamo quanto tempo ancora mancasse alla celebrazione ufficiale delle nozze, ma certamente la sua mente e il suo cuore era proiettati al suo futuro di sposa e di madre, dedita alla casa e alla crescita dei figli, senza troppi grilli per la testa.
In questo contesto, molto umano, Maria riceve l’annuncio-vangelo che le svela la sua vera identità, vocazione e missione. La sua vita viene totalmente scombussolata – ella fu molto turbata – ma la grazia e la bellezza che già sono in lei, la trovano disponibile a corrispondere al progetto che Dio ha per lei. Anche perché l’annuncio che riceve, fin dal saluto iniziale, è non solo rassicurante ma anche gioioso: Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te. Sì, rallegrati, gioisci, esulta, tu che sei piena dell’amore di Dio, perché il Signore è con te, il Signore è in tuo favore, dalla tua parte, non contro di te e contro i tuoi progetti.
Il Signore, quando viene nella vita di una persona, si esprime sempre nei termini di questo saluto: gioisci, io sono in te, con te e per te. Non c’è niente di terribile e di sovversivo nella rivelazione della propria vocazione, qualunque essa sia. È, al contrario, l’esperienza più bella e gioiosa che mai si possa fare, quella cioè di scoprire il senso della propria vita, che si è importanti per Dio, che ho una missione speciale che solo io posso compiere e che pertanto Dio si fida di me, crede che ne sia degno e che la possa portare a compimento. Non c’è niente di sovversivo nell’aprire gli occhi alla mia più profonda e vera identità, sul senso della mia esistenza. E, a fronte dei miei timori per la consapevolezza dei miei limiti, per il mio percepirmi piccolo e incapace, lui mi dice che mi darà forza nel suo santo Spirito, poiché ciò che a me appare umanamente impossibile, non lo è per lui perché nulla è impossibile a Dio.
La gioia che è stata annunciata a Maria si traduce perciò in una altrettanto gioiosa risposta, quella della fede: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola. Ma questa gioia non può essere tenuta per sé stessi. Maria da evangelizzata si fa immediatamente evangelizzatrice e, nonostante per lei siano giorni difficili, quelli dell’inizio di una gravidanza, proprio in quei giorni, attraversando i monti, corre a portare all’anziana cugina, per giunta incinta, il saluto di gioia che aveva ricevuto. Il saluto è infatti l’elemento centrale del racconto evangelico di oggi, che viene ripetuto per tre volte.
È questo saluto che la Chiesa, di cui Maria è Madre ed immagine, oggi rivolge a ciascuno di noi: Rallegrati, il Signore è con te, il Signore ti ama, il Signore ti viene incontro e ti raggiunge in questo tuo momento di difficoltà. Il tuo deserto, come quello di Elisabetta che dopo aver concepito si isolò in casa nascondendosi dagli altri (cfr Lc 1,24), la tua aridità, la tua difficoltà, la tua solitudine, il tuo dolore, la tua vergogna… è il luogo in cui Dio ti sta parlando, manifestandoti il suo amore gratuito e il progetto di salvezza che ha per te. Sì, egli viene per salvarti e per fare di te uno strumento della sua salvezza per tutti gli uomini. Tu non sei da buttare via, lui non ti disprezza, al contrario si fida di te e ti affida questo annuncio di gioia che deve raggiungere tutti gli uomini, anche con il tuo contributo: il Signore non si è dimenticato dell’uomo, non l’ha abbandonato a sé stesso e al suo destino di morte. Lui è l’Emmanuele, il Dio con noi per sempre, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20).
fra’ Saverio Benenati, ofm conv.