Lo Spirito santo opera e parla attraverso gli uomini quando essi mettono al centro delle loro relazioni non sé stessi, ma Dio e il suo amore.
Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-23)
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Con la celebrazione della solennità odierna arriviamo al compimento della Pasqua. Un evento che riguarda ogni cristiano, poiché scopo della Pasqua è proprio la rinascita-risurrezione dei figli di Dio mediante l’opera dello Spirito santo. La Pentecoste non è pertanto la fine del tempo pasquale, ma il suo fine. Nella Pentecoste si completa in noi la missione salvifica del Signore morto e risorto. Come, infatti, abbiamo ascoltato e commentato nella sesta Domenica di Pasqua, lo Spirito santo viene effuso sui credenti a completamento della loro fede suscitata dalla Parola che è stata loro annunciata e sigillata con il Battesimo.
Ascoltando oggi la prima lettura in cui ci viene narrato l’episodio della Pentecoste in cui gli apostoli escono fuori dal cenacolo e cominciano a parlare, con una sorta di traduttore simultaneo, in tutte le lingue, viene da chiedersi come mai anche tanti buoni e devoti cristiani fanno fatica a capirsi tra loro e con la società di cui sono parte. Non ci si capisce in famiglia tra moglie e marito, tra genitori e figli; non ci si capisce nei luoghi di studio e di lavoro tra colleghi; non ci si capisce negli ambiti culturali, politici, economici… Viviamo immersi in una grande Babele nonostante tutte le nostre buone intenzioni.
Cosa c’è che non funziona? Se guardiamo alla scena della Pentecoste per l’aspetto in cui tutti capiscono tutto a livello di idioma linguistico, entriamo sicuramente in tilt: o è un evento unico relegato a quel singolo episodio o a noi non viene dato lo Spirito santo come si dovrebbe. Ma questa, come in tante altre occasioni in cui ci troviamo di fronte ad eventi biblici straordinari, è una lettura riduttiva. I Parti, Medi, Elamìti; gli abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, i Romani, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, non stanno ascoltando cose qualsiasi, ma sentono parlare gli apostoli “delle grandi opere di Dio”.
La comprensione reciproca è riguardo le grandi opere di Dio! Se gli uomini fanno fatica a comprendersi è perché non parlano delle opere di Dio ma delle loro opere. E mentre le opere degli uomini sono sempre divisive, fin dal peccato delle origini in cui si avviano gli scaricabarile delle colpe, i fratricidi, gli omicidi, le rivalità e le guerre, le opere di Dio sono sempre unitive, comprensive dell’altro, comunionali.
Quando nelle nostre famiglie, nella società, persino nelle nostre comunità ecclesiali, non ci si capisce è perché non ci stiamo concentrando sulle opere di Dio e non stiamo parlando il suo linguaggio, quello dell’amore, piuttosto forse stiamo parlando di noi stessi, delle nostre idee, delle nostre opere, con il linguaggio divisivo dell’egoismo, dell’orgoglio e della superbia.
Lo Spirito santo opera e parla attraverso gli uomini quando essi mettono al centro delle loro relazioni non sé stessi, ma Dio e il suo amore.
Il linguaggio universale che ogni uomo e donna comprendono e che hanno imparato fin dai primi istanti di vita è l’amore, l’accoglienza, la cura. E Dio parla proprio secondo questo linguaggio, il linguaggio dell’amore incondizionato come e più di quello di una madre nei confronti dei propri figli: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15).
Il dono dello Spirito santo ai credenti rappresenta per essi una responsabilità e una missione. La responsabilità di essere custodi dell’amore di Dio che hanno ricevuto e sperimentato e la missione di parlarne a tutti indistintamente con l’alfabeto proprio dell’amore, cioè amando fattivamente in tutte le declinazioni possibili.
È questa responsabilità e missione che Gesù ha affidato agli apostoli, come leggiamo nel Vangelo odierno: la pace del Signore che riconcilia gli uomini a Dio e tra loro deve essere portata a tutti. Quanti, infatti, non saranno raggiunti da questo annuncio e da questo dono non potranno sperimentarlo: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». È responsabilità di ogni cristiano diffondere l’amore di Dio perché questo mondo sperimenti la comprensione reciproca, la comunione e la vera Pace. Se, infatti, sperimentiamo incomprensione e divisione nelle nostre famiglie, nella società, tra i popoli, è perché ancora non abbiamo fatto abbastanza. Come ebbe a dire Francesco d’Assisi ai suoi frati nel letto di morte: «Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto!».
fra’ Saverio Benenati, ofm conv.
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