Evangelizzare o Formare?

Un evangelizzatore è veramente tale se ha imparato a crescere nella fede nella docilità ai propri formatori ed è disposto ad assumersi il gravoso impegno di formare i nuovi discepoli imparando da essi la difficile arte della formazione.

Avete mai sentito dire che una madre dopo aver messo al mondo un bimbo gli indichi la via di casa così che vi faccia l’ingresso da solo? Oppure, che una volta portato a casa il bebé, gli indichi la sua cameretta, il salotto, la cucina, la sala pranzo… perché faccia tutto da solo? Assurdo, oltre che impossibile!
Eppure, non è quanto molti che si definiscono evangelizzatori fanno quando dopo un evento di evangelizzazione, dove magari sono riusciti a portare dei fratelli all’incontro con Gesù, poi li abbandonano a sé stessi? Ora che hai incontrato Gesù, vai in una chiesa e comincia il tuo cammino di fede…
La Chiesa è stata voluta da Gesù non tanto e non solo come genitrice, ma come madre! Il Grande Mandato di Gesù alla Chiesa non è stato quello di generare figli alla fede, ma di formare discepoli, generandoli alla fede con il battesimo e accompagnandoli nel cammino di crescita “insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (cfr Mt 28,19-20).

Possiamo prendere ad esempio l’episodio più clamoroso contenuto nella scrittura che è quello di Paolo. Tutti ci soffermiamo sull’evento della conversione avvenuto sulla via di Damasco, ma poco prestiamo attenzione a quanto accadde subito dopo, che cioè ha avuto bisogno di incontrare Anania per conoscere quel Gesù che gli era apparso lungo la via. In seguito avrà bisogno di Barnaba per imparare a stare nella Chiesa come discepolo e soprattutto per imparare a compiere la missione apostolica. E tra il primo e il secondo evento trascorsero circa dieci anni, di cui tre passati in ritiro nel deserto! La conversione, infatti, non è semplicemente riconoscere che Gesù è il Signore, ma un vero e proprio cambiamento di mentalità, di modi di pensare e di agire, che si acquistano solo con il tempo e l’accompagnamento di una comunità capace di dare una adeguata formazione in tal senso.

Paolo stesso descrive questo processo di formazione ad una vita da convertiti in un passo della sua prima lettera ai Corinti: Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali. (3,1-3).
In questo passo ci vengono dette alcune cose importanti:
1) si può aver riconosciuto Cristo come Dio e Signore, ma non per questo si è già uomini e donne pienamente cristiani, esseri spirituali. La conversione, dalla carne (mentalità del mondo) allo spirito (mentalità evangelica), è un processo di cambiamento che necessita di tempi adeguati;
2) il processo di conversione ha bisogno di formatori che ne accompagnino l’evoluzione;
3) il processo di conversione segue degli step che devono tener conto della crescita oggettiva del convertito;
4) ogni step del processo di conversione ha contenuti formativi propri che tengono conto delle acquisizioni precedenti, sia a livello intellettivo e spirituale, sia soprattutto a livello di stile di vita e di agire in comunità e nel mondo.

Evangelizzare è, pertanto, una parola e soprattutto un’azione che fa rima con comunità. Evangelizza veramente chi è già parte di una comunità-famiglia che oltre a generare nuovi figli di Dio sa poi paternamente e maternamente accogliere in casa, nutrire, crescere ed educare fino alla piena maturità della fede.

Chi intende evangelizzare, quindi, si deve anche assumere in anticipo la fatica di accogliere e formare i nuovi discepoli che il Signore gli donerà. Paradossalmente, anche se temporalmente viene prima la genitorialità (mettere al mondo un figlio) e poi la paternità-maternità (prendersi cura di un figlio), è terribilmente dannoso che diventi genitore chi non è paterno-materno. Mentre essere genitore è un fatto fisiologico naturale, la paternità-maternità è un’arte che si impara in famiglia, dove si è stati cresciuti da un padre e da una madre. Ma è anche un’arte che si evolve sul terreno, con il proprio figlio. Ancora paradossalmente, si impara ad essere padri e madri dai propri figli, sul campo!

Così è per ogni evangelizzatore. È veramente tale se ha imparato a crescere nella fede nella docilità ai propri formatori ed è disposto ad assumersi il gravoso impegno di formare i nuovi discepoli imparando da essi la difficile arte della formazione. La missione dei discepoli di Cristo è diventare formatori di altri discepoli per renderli capaci di essere a loro volta evangelizzatori-formatori di altri discepoli (cfr 2Tm 2,2).

fra’ Saverio Benenati