Fede nelle chiese

Il secondo dono che Francesco riceve dal Signore e che ci consegna con il suo Testamento è la “fede nelle chiese”. È proprio nelle chiese dove si riunisce la Chiesa, che Francesco adora e benedice l’amore misericordioso di Dio in Cristo Gesù crocifisso.

Nello scorso numero di questa nostra newsletter mi sono soffermato sul primo dono che Francesco ha ricevuto dal Signore nel suo cammino spirituale di conversione e che ricorda-trasmette nel suo Testamento. Si tratta dell’incontro con i lebbrosi, non casuale, ma voluto da Dio perché Francesco potesse passare dall’amarezza di una vita segnata dal peccato alla dolcezza di una nuova vita.

Il secondo dono che Francesco riceve dal Signore e che ci consegna con il suo Testamento è la “fede nelle chiese”. Leggiamo il testo: «E il Signore mi dette tale fede nelle chiese che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo».

L’espressione “fede nelle chiese” è abbastanza singolare poiché è chiaro che Francesco non si sta riferendo alla Chiesa, quella fatta di persone, membra del corpo mistico di Cristo, bensì alle chiese materiali, fatte di calce e mattoni. Proprio lui che dal Signore ha ricevuto il mandato di restaurare “la sua Chiesa”. O forse proprio in forza di questa esperienza mistica, di cui non c’è traccia esplicita nel Testamento, possiamo meglio comprendere il significato di tale inusuale espressione. Francesco, ci raccontano i biografi, dopo aver ricevuto il mandato di restaurare la Chiesa, prende tale missione alla lettera, mettendosi a restaurare materialmente almeno tre chiesette in precarie condizioni: San Damiano, San Pietro e infine S. Maria degli Angeli. Solo in un secondo momento comprende che la missione riguardava la Chiesa non costruita da mani d’uomo. Ma un fatto è incontrovertibile: Francesco fa esperienza di Dio, lo incontra personalmente vivo e risorto e ne ascolta la voce all’interno di una chiesa.  In un tempo in cui alcuni movimenti contestatori, se non eretici, in contrapposizione con la chiesa gerarchica romana, ritengono e annunciano che Cristo non è presente in quelle chiese e soprattutto in quei sacramenti amministrati da un clero corrotto e palesemente peccatore, Francesco sperimenta al contrario che è proprio lì, dentro quelle mura e per le mani e la bocca di quei sacerdoti, per quanto peccatori, che Dio si rivela e opera, come lui stesso ha sperimentato.

È proprio all’interno di quelle mura, maestose e solenni o misere e cadenti che siano, che si realizza il mistero della croce gloriosa di Cristo. In queste chiese dove si riunisce la Chiesa, Francesco adora e benedice l’amore misericordioso di Dio in Cristo Gesù crocifisso. La Chiesa non ha la sua ragion d’essere e non esprime la sua santità a partire dagli uomini, ma a partire dal Crocifisso, suo Sposo, dal cui costato nasce e viene santificata.
Ancora una volta Francesco ci conferma di essere un perfetto e attento conoscitore delle Scritture. La Chiesa, come scrive san Paolo nella lettera agli Efesini (2,22), è l’edificio spirituale, di cui Cristo è la pietra angolare e gli apostoli il fondamento, in cui abita Dio. E dove Francesco vede tutto questo? All’interno delle chiese dove viene annunciata la Parola e dove viene amministrata l’Eucaristia, entrambi manifestazione visibile del Dio invisibile, manifestazione concreta e che ci raggiunge producendo effetti concreti dell’Amore con cui Dio ha tanto amato il mondo. Non è poi da sottovalutare il fatto che il Crocifisso di San Damiano è una icona che, a dispetto del nome comunemente attribuitogli, rappresenta proprio il mistero della Chiesa interamente “invasa” dal Crocifisso-Vivo in eterno, Sommo Sacerdote dell’eterna alleanza, unico sacrificio a Dio gradito per la salvezza del mondo.

La Chiesa è nata dalla Croce di Cristo ed è quella che deve essere solo nella misura in cui si conforma ad essa.

Francesco, adora e benedice il mistero della Croce all’interno delle chiese, perché come nell’icona di san Damiano, il Crocifisso, con la Parola e i sacramenti, ne è il centro, l’anima e il fine ultimo, cioè la redenzione del mondo. E siccome la fede non può essere disgiunta dalla vita, Francesco, nella ferma volontà di essere egli stesso chiesa-abitazione di Dio, all’inizio della sua esperienza spirituale si confezionerà un abito proprio a forma di croce. Tale ferma volontà lo porterà a concludere la sua esistenza terrena nell’esperienza carnale della conformazione piena alla croce di Cristo mediante il dono delle stimmate sul monte de La Verna. Dai primi giorni della sua conversione e fino alla morte, è voluto rimanere “dentro” questo mistero di amore e di salvezza, fecendo della sua esistenza quotidiana un’adorazione e un inno di benedizione a Colui che ha redento il mondo.

Con la ”fede nelle chiese”, frate Francesco, dall’abbraccio “orizzontale” con il crocifisso-lebbroso, ci fa innalzare lo sguardo  all’abbraccio “verticale” con cui Dio converte, salva e vivifica l’umanità peccatrice. Non basta, infaftti, “fare misericordia” se non riconosciamo l’origine della misericordia, Colui che è Misericordia. E questo dono-insegnamento di Francesco quanto è importante anche ai nostri giorni!

Sono troppi, all’interno e fuori dall’esperienza di fede ecclesiale, che sono attratti dall’esempio di san Francesco, fino ad assumerlo come modello ispiratore in vari ambiti sociali (pacifismo, ambientalismo ecologico, perequazione dei beni con i poveri e i miseri del mondo…), staccandolo però totalmente dal fondamento di fede cristiana che lo ha ispirato e mosso. Lo abbiamo ripetuto più volte: separare Francesco dalla fede in Cristo è svuotarlo della sua anima, della sua vera identità. Il pacifismo di Francesco è mosso ed attinge alla Pace che Cristo ha realizzato con il suo sacrificio sulla croce; l’ambientalismo di Francesco è conseguenza dell’esperienza-contemplazione del Dio-creatore nelle sue creature; la povertà di Francesco è conseguenza e testimonianza del Cristo povero ed espropriato sulla croce; la sua carità verso i poveri e i bisognosi, in primis i lebbrosi, nasce dalla misericordia di Dio e ne è esperienza per sé e testimonianza per il mondo… Senza questo riferimento fondamentale al mistero d’amore del Dio incarnato, Francesco appare come un super-uomo, modello d’ispirazione per quanti si vogliono assumere l’onere di salvare il mondo. Ma l’uomo, nonostante tutte le sue forze, è come l’erba che germoglia al mattino e alla sera dissecca. Solo Dio è l’origine, la forza e il fine ultimo di ogni agire salvifico nel mondo e per il mondo. La stessa Chiesa, svuotata del mistero della Croce, sarebbe un’abitazione vuota e muta. Ogni seguace di Francesco, laico o consacrato che sia o voglia essere, senza questa dimensione verticale della fede, prima o poi si scontrerà con il proprio fallimentare limite umano. Francesco si muove verso il lebbroso per la misericordia di Dio e viene così condotto, per naturalezza del processo di conversione, all’interno della Chiesa ove abita la fonte e il culmine, il volto stesso di tale misericordia che è Cristo Gesù, crocifisso e risorto.

Ogni autentico processo di conversione che viene da Dio, come Francesco ci testimonia nel Testamento, non può prescindere dall’adorazione e la benedizione verso Colui che ci ha riscattati, per Dio, con il suo sangue e ha costituito gli uomini, diversi per lingua, cultura, nazione, sesso, status sociale…, quale unico e indiviso popolo sacerdotale e suo unico regno (cfr Ap 5,9-10; Col 3,11; Gal 3,28).

Fra’ Saverio Benenati

IL TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO