Una proposta per favorire l’arrivo di lavoratori impiegati in attività a distanza che diano linfa ai territori che a loro volta diventano luoghi di lavoro a misura d’uomo.
Nell’estate appena trascorsa si è tenuta a Bologna “We Make Future”, la Fiera Internazionale su AI, Tech & Digital Innovation che attira ogni anno imprese, professionisti e giovani da tutto il mondo.
Tra i tanti e variegati eventi in programma, si è tenuto un talk dal titolo “Proposte per superare i vincoli e semplificare i processi necessari a rendere l’Italia una destinazione privilegiata per lavoratori da remoto e nomadi digitali”. La proposta per istituire i residenti temporanei di comunità è stato il tema centrale dell’intervento di Mariarita Sciarrone, giornalista di Avvenire di Calabria, testata di informazione dell’arcidiocesi di Reggio Calabria.
La proposta, sviluppata dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali e dal Festival dell’Ospitalità, mira a superare la logica del nomade digitale legato alla dimensione turistica, vacanziera, per avvicinarla a una dimensione più umana, capace anche di contribuire alla crescita delle comunità.
Si tratta, infatti, di pensare e realizzare nuove forme di residenza temporanea e incubatori residenziali dove gli ospiti condividono spazi abitativi e lavorativi. I vantaggi di queste nuove forme di abitare sono molteplici. Da un lato, si verifica una rigenerazione degli spazi in quanto per accogliere i nomadi digitali è necessario ripensare i luoghi abitativi e lavorativi; dall’altro lato vi è una maggiore attrazione di talenti e professionalità, poiché i nomadi digitali portano nuove competenze che favoriscono la crescita economica sostenibile e la diversificazione dei settori. Infine, ma non ultimo dato significativo, si incrementa l’impatto sociale grazie agli scambi culturali e all’arricchimento di esperienze. Il risultato è un nuovo concetto di comunità allargata.
Un esempio tangibile di questo approccio è Matera. L’introduzione del concetto di “cittadino temporaneo” nella Capitale Europea della Cultura 2019 ha innovato i modelli di lavoro, di abitazione e di viaggio, introducendo un passaporto temporaneo che ha coinvolto oltre 74.000 partecipanti.
Questa nuova prospettiva nella fruizione delle destinazioni favorisce l’accoglienza dei nomadi digitali, che non si muovono per cercare un lavoro o destinazioni turistiche, ma luoghi in cui lavorare meglio, a contatto con la natura e la comunità locale, per vivere esperienze significative e reciprocamente arricchenti. Luoghi in cui sentirsi a casa, anche lontano da casa. Forse non è la soluzione, ma l’apertura ai nomadi digitali apporterebbe innumerevoli benefici ai tanti bellissimi borghi del sud-Italia, piccole comunità a misura d’uomo, che stanno sperimentando la piaga dello spopolamento.