Piccola novena in preparazione alla solennità di San Francesco – 6
Dopo aver stabilito in cosa consiste la regola e la vita dei frati, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire la dottrina e l’esempio del Signore nostro Gesù Cristo, il secondo capitolo della Regola non bollata è dedicato all’accoglienza dei fratelli nell’Ordine: Se qualcuno, per divina ispirazione, volendo scegliere questa vita, verrà dai nostri frati, sia da essi benignamente accolto.
Per Francesco ci sono due azioni alla base della vocazione francescana, quella di Dio – la divina ispirazione – e quella dell’uomo – la sua libera scelta –. La vocazione francescana, come ogni altra vocazione particolare nella Chiesa, è l’incontro di due volontà, quella di Dio e quella dell’uomo. È stato sempre così e così sempre sarà. Dio non forza nessuno a seguirlo, a consegnargli la propria vita, ad assumere uno stile di vita che non vuole fare proprio.
Francesco perciò parla di “divina ispirazione”, che nella sua accezione più profonda richiama all’azione dello Spirito nel cuore dell’uomo e che è il contrario della seduzione. Lo Spirito, infatti, soffiando come il vento, spinge a compiere delle scelte verso una direzione ben precisa, ma a cui si può opporre resistenza. La seduzione, che richiama nell’etimologia al mettere a sedere qualcuno, è, invece, lo stare fermi come spettatori ammirati, non attivamente in cammino bensì passivamente trasportati dall’emotività.
Quanti giovani rimangono sedotti dalla vita francescana: la osservano, l’ammirano, magari la desiderano per sé, ma non riescono a decidersi per essa. Altri, invece, proprio perché sedotti e non ispirati, decidono di entrare nell’Ordine, ma non riescono a viverne fino in fondo le esigenze.
Diversa è l’ispirazione, la quale, proprio perché azione di Dio, muove all’azione e dona la forza non solo di compiere la scelta di consacrare la propria vita al Signore, ma anche di perseverare in essa con la grazia e la forza dello Spirito.
Dio ispira alla consacrazione nella fraternità francescana in maniera personale, poiché ha un progetto preciso sul chiamato. Il suo soffio parte da lontano, prima ancora che la persona è nata, e percorre tutta la sua esistenza finché in dato momento diventa chiaro, alla mente e al cuore, il progetto/desiderio di Dio. È normale ed è umano provare sentimenti contrastanti rispetto alla chiamata, talvolta di vera e propria resistenza e opposizione. Si è uomini e tali si rimane, anche quando si è chiamati a diventare uomini di Dio. E Dio non chiede scelte da angeli, ma da uomini, con i propri turbamenti, le proprie paure, i propri limiti umani. Scelte che devono essere libere; libere da facili entusiasmi come da diaboliche seduzioni.
La risposta alla vocazione è una questione di fiducia reciproca: Dio si fida del chiamato che ritiene capace di realizzare i suoi progetti e il chiamato a sua volta si fida di Dio e del suo aiuto per portare a compimento il suo progetto d’amore, tanto che la fedeltà dell’uomo si fonda sulla fedeltà di Dio ai suoi progetti e alle sue promesse.
Se queste due azioni – ispirazione e scelta – e questi due atti di fiducia si incontrano, allora il chiamato non può che essere benignamente accolto, poiché è un fratello, dono di Dio alla fraternità.
È bello vedere che ancora dopo ottocento anni ci sono giovani che non sono sordi e non oppongono resistenza al soffio di Dio. Giovani che, nonostante la consapevolezza dei propri limiti, scelgono di dire sì alla chiamata di Dio alla vita francescana, di fidarsi totalmente di Dio fino a consegnargli senza riserve la propria vita. Lo stesso Francesco era consapevole delle umane difficoltà dei suoi fratelli tanto che, inviando i suoi frati a predicare, sempre li rassicurava che il Signore avrebbe adempiuto il suo disegno e mantenuto le sue promesse, e li esortava ad uno ad uno dicendo: «Riponi la tua fiducia nel Signore ed Egli avrà cura di te» (FF 387).