All’interno di noi stessi albergano tutta una serie di inclinazioni al peccato che emergono con maggiore irruenza proprio nel momento in cui ci dedichiamo a coltivare una vita di fede. Più si coltiva il buon seme della vita evangelica, maggiori sono le contraddizioni che emergono dal substrato culturale e di peccato che ci portiamo dentro.
Nel convento di Marineo che svolge anche la funzione di Centro Regionale per la Pastorale Giovanile abbiamo un piccolo cortiletto-chiostro con molti vasi in cui sono piantate molteplici varietà di fiori. In alcuni vasi abbiamo pure delle erbe aromatiche per la cucina: basilico, prezzemolo, rosmarino, menta, salvia e perfino l’alloro. Quest’anno abbiamo pure utilizzato una piccola aiuola esterna per piantare in abbondanza basilico e prezzemolo, protagonisti della cucina estiva.
All’inizio della primavera – che da noi arriva un po’ in ritardo rispetto il resto della regione a motivo delle basse temperature che caratterizzano la zona – noi frati ci prendiamo un paio di giorni per travasare, rinnovare il terriccio, concimare, piantare semi e germogli.
Poi quasi tutta la cura consiste nell’irrigazione. All’inizio bastano un paio di innaffiate la settimana, ma man mano che la temperatura si innalza, tra luglio e agosto, le piante necessitano di una irrigazione anche quotidiana.
Un passaggio che sembra secondario nella cura delle piante, però, consiste nel tener testa alle erbacce. Esse, infatti, si sviluppano proporzionalmente alla crescita delle piantine stesse e, soprattutto, alla frequenza dell’irrigazione. Hanno una velocità di crescita impressionante! Mentre ancora attendi che i semi che hai piantato germoglino, esse sono già lì, alte qualche centimetro, a ricoprire il terreno come un prato inglese. Non puoi estirparle subito perché rischi di compromettere i semi e i primi germogli di ciò che è stato seminato. Ma quando le tue piantine sono già un po’ sviluppate, le erbacce sono già cresciute dieci volte di più in altezza e le loro radici infestano il terreno sottostante, cosicché, volendole estirpare, rischi di tirare via anche il terreno dove hanno messo ugualmente radici le tue belle piantine colorate e profumate! Se tenti di spezzarle, le erbacce si vendicano con una moltiplicazione impressionante e un rafforzamento del fusto tale che alla fine uno desiste, sperando che le tue piantine, alla fine, in uno scatto di orgoglio, abbiano la meglio su tutto il resto.
Conosco, grazie a Dio, delle brave signore che mi ripetono sempre che la lotta contro le erbacce deve essere quotidiana fin dall’inizio della coltivazione. Meglio, però, se al momento della invasatura il terriccio sia microscopicamente liberato dalle radici delle erbacce della precedente stagione cosicché, anno dopo anno, esse saranno quasi del tutto eliminate dal terreno.
Forse, qualcuno di voi lettori avrà qualche altro consiglio, ma tanto basta per aprire questa mia riflessione. Infatti, chi si trova, come il sottoscritto, a piantare il buon seme del Vangelo, inevitabilmente si trova anche a dover combattere le erbacce infestanti.
La stragrande maggioranza di esse – a differenza di quanto racconta la parabola del grano e della zizzania (Mt 13,24-30) – non nascono perché qualcuno le ha successivamente seminate, ma si trovano già nel terreno, le loro vecchie radici sono diffuse in esso e sbucano fuori e si sviluppano proporzionalmente alla cura che si mette nel far crescere il buon seme. Più irrighi il terreno, con la preghiera, l’annuncio/ascolto della Parola, la formazione, l’evangelizzazione… e più le erbacce lo infestano.
Così, accade spesso che un giovane che ha accolto Gesù, che affida a Lui la sua vita e si decide a seguirlo come fedele discepolo, si ritrova in poco tempo a dover fare i conti con un substrato
culturale-spirituale che è totalmente agli antipodi delle logiche del Vangelo, quando non si imbatte in un vero e proprio combattimento umano-spirituale tra la sequela di Cristo e il peccato. Spesso si arriva anche a dire che è proprio il Signore a mandarci i mali che ci stanno affliggendo da quando abbiamo intrapreso il discepolato!
Di ciò occorre tenere conto fin da subito,
affinché l’entusiasmo dell’aver conosciuto Cristo e il suo amore e dell’aver intrapreso il discepolato cristiano, non si trasformi in breve tempo in delusione,
scoraggiamento e sconfitta. Come dice il
Siracide: Figlio, se ti presenti per servire il
Signore, prepàrati alla tentazione
(Sir 2,1).
Gesù, nel Vangelo di Marco (7,14-23), a proposito del peccato dichiara che sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro. Ciò significa che all’interno di noi stessi albergano tutta una serie di inclinazioni al peccato che emergono con maggiore irruenza proprio nel momento in cui ci dedichiamo a coltivare una vita di fede. Non che non ci fossero già da prima, ma è proprio il nostro cambiamento di vita che le fa emergere con maggiore chiarezza e consapevolezza. E questo, per molti giovani, è motivo di scoraggiamento perché, in fondo, pensano di essere diventati, riguardo al peccato, peggio di prima. Ma non è così. Sono/siamo quelli di sempre, solo che ora le contraddizioni tra le vecchie radici infestanti e la buona pianta di una vita evangelica risultano più evidenti.
Lo stesso dicasi per il substrato culturale che ci si porta dentro, più o meno consapevolmente. Quella cultura che diventa metro di giudizio della realtà e stile di vita, che da sempre ha cercato di soffocare la presenza di Dio in noi, di capovolgere non solo le logiche del Vangelo ma anche i valori su cui si fonda naturalmente la società umana (vedi il rispetto e la difesa della vita in tutte le sue fasi, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, l’accoglienza e il rispetto della dignità di ogni persona, di chi è diverso da me, e così via), che è penetrata in noi per il fatto stesso di vivere nel mondo.
Occorre tanta delicatezza nel cercare di estirpare le erbacce, ma la vera soluzione sta nel togliere le radici e i bulbi che stanno sotto, che non sono immediatamente alla vista, e allo stesso tempo far crescere la buona pianta della vita evangelica e farne spandere e fortificare le radici cosicché non ci sia spazio per altro.
Il Signore ci ha donato un ottimo rimedio nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo, infatti, mentre è acqua che irriga, è anche fuoco che, come nel crogiuolo, separa le impurità da ciò che è buono. Esso è soffio di brezza che rinfresca dalla calura, ma anche vento che spazza via le foglie morte e i pollini delle piante infestanti dei vicini. Lo Spirito Santo mentre è luce che ci fa vedere il tanto bene che Dio opera in nostro favore, aprendoci gioiosamente alla lode e al ringraziamento, al contempo mette in un angolo e dissolve le tenebre che deprimono e intristiscono l’animo umano e vogliono soffocarlo nell’angoscia e nella paura.
Lo Spirito Santo, penetrando in profondità nella nostra vita, apporta i doni della Scienza, dell’Intelletto, del Consiglio, del Dominio di sé che danno la capacità di discernere ciò che è secondo Dio ed è bene per noi, da quanto è dannoso e, allo stesso tempo, ci rende forti e perseveranti contro lo spirito menzognero del mondo.
Abbiamo bisogno di farci inondare ogni giorno dallo Spirito Santo poiché, come dice san Paolo, il nostro combattimento non è contro creature fatte di carne e di sangue, ma contro lo spirito del dominatore di questo mondo (cfr Ef 6,12).
Invocare e accogliere ogni giorno lo Spirito Santo ci permette di essere vincitori, di essere nel mondo ma, allo stesso tempo, di non appartenervi in termini di mentalità e di stili di vita: accoglienti e in dialogo fraterno e costruttivo con tutti – senza demonizzare nessuno poiché siamo tutti figli di questo mondo e destinatari della Salvezza! – ma forti e saldi nella fede, ben radicati in Cristo e nel suo Vangelo, testimoni di una vita nuova, libera dalla schiavitù del peccato, piena di una gioia che niente e nessuno potrà toglierci.
fra’ Saverio Benenati