La Parola cresce e si moltiplica

La Parola è Gesù Cristo. Egli è il seme che “seminato sulla terra” germoglia, cresce e si moltiplica.

Luca negli Atti degli apostoli, a partire dal giorno di Pentecoste quando inizia la predicazione del Vangelo, ci tiene a sottolineare che l’opera dell’evangelizzazione è opera del Signore. Egli è il protagonista e l’artefice dell’evangelizzazione mediante l’effusione dello Spirito santo.
Così, al termine del capitolo 2 degli Atti, dopo la conversione di circa tremila giudei e dopo aver descritto le caratteristiche di questa prima comunità, afferma: «Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» (2,47b).
È evidente, già da questa prima annotazione, che per Luca è il Signore l’artefice dell’espansione della Chiesa. Inoltre, l’evangelista parla dell’espansione della Chiesa non in termini territoriali, bensì in termini di crescita numerica: ogni giorno il Signore aggiunge qualcuno alla comunità di partenza (i 120 del cenacolo), aumentando così il numero dei credenti.

Ma più si va avanti nel racconto degli Atti, più si passa dall’addizione alla moltiplicazione. Infatti, è evidente che all’aumentare dei credenti aumenta esponenzialmente la capacità di evangelizzazione. Perciò, se Luca nei primi capitoli cita il numero di coloro che vengono alla fede, in breve inizia a parlare di molti e quindi di moltitudine, fino a quando, nel capitolo 6, usa per la prima volta l’espressione “moltiplicazione”: «La parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente…» (v. 7).
L’uso e l’accoppiata di questi due verbi ha un significato palesemente teologico, un rimando esplicito di Luca a Gn 1,22.29: Dio, per mezzo della sua Parola creatrice, benedice e comanda alla creazione di crescere – per l’uomo dice: siate fecondi – e di moltiplicarsi e, così, riempire la faccia della terra.
Tale benedizione/comando la si ritrova successivamente dopo il diluvio (8,17; 9,1.7), viene ripresa in favore di Abramo (17,6-20), di Giacobbe (35,11) e, soprattutto, in favore del popolo d’Israele che “cresce e si moltiplica” in Egitto (Gen 14,27; Es 1,7-20; ecc.).
Questa accoppiamento dei due verbi da parte di Luca, riferita alla Chiesa, ha perciò un significato teologico ben preciso: la Chiesa è l’erede delle promesse e delle benedizioni di Dio sull’antico Israele, anzi è l’umanità nuova, chiamata a crescere e moltiplicarsi in forza della Parola creatrice di Dio. Così, come Dio conduce al primo uomo la donna, così ogni giorno conduce alla Chiesa l’umanità nuova nata dalla fede in Cristo. Ciò che cresce, dunque, è l’opera di Dio, la sua creazione nuova. È Dio il creatore, non l’uomo; è la sua Parola che crea, non l’uomo (vedi il Prologo del Vangelo di Giovanni).

Ecco, allora, che al capitolo 12 degli Atti viene svelato pienamente il mistero della Chiesa: «La Parola di Dio cresceva e si moltiplicava» (v. 24). La Bibbia CEI 2008 usa il verbo “diffondere”, ma in greco viene usata la stessa forma verbale – plèthuno – che in altri passi della Genesi e degli Atti viene tradotta col verbo moltiplicare. In ogni caso, il soggetto non è più la comunità-chiesa e neanche i discepoli-credenti, bensì la Parola stessa di Dio.
I credenti e la Chiesa tutta, infatti, sono nati dalla Parola e ne sono depositari. È la Parola che li tiene in vita. Essa cresce e si moltiplica mediante i credenti e maggiormente essi sono fecondi, più la nuova creazione si espande, poiché la Parola raggiunge ulteriori spazi vuoti, fino ai confini della terra.

Ma Luca ha in mente anche un altro concetto teologico che è espressamente giovanneo, ma implicitamente lucano: la Parola si è fatta carne. La Parola è Gesù Cristo, Egli è il seme che “seminato sulla terra” germoglia, cresce e si moltiplica nel frutto: il 100 per uno (cfr Lc 8,5-15). Se, infatti, il chicco di frumento caduto sulla terra non muore, non potrà portare frutto (Gv 12,24).
Gesù Cristo è la Parola e la Chiesa-corpo di Cristo è corpo della Parola. In tutto ciò Luca si dimostra pienamente discepolo di san Paolo. È proprio Paolo, infatti, ad usare l’analogia del seme per indicare l’opera dell’evangelizzazione: «Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere» (1Cor 3,6-7). Ed in questa frase l’apostolo non fa altro che parafrasare le parole di Gesù: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga» (Mc 4,26-28); «È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra» (Mc 4,31-33).
Insomma, la crescita e la moltiplicazione della Parola va di pari passo alla crescita e alla moltiplicazione dei credenti. Essi sono il terreno su cui la Parola viene seminata. Il terreno, se buono, fa crescere e moltiplicare, mediante i frutti dell’evangelizzazione, la Parola di salvezza.

Qual è dunque il compito di un discepolo-missionario?
Preparare il terreno a ricevere la Parola mediante la preghiera, l’amicizia fraterna e la testimonianza della carità;
Seminare la Parola mediante l’annuncio del kerygma e la testimonianza personale dell’opera di Dio nella propria vita;
Irrigare e coltivare la Parola affinché essa cresca con la preghiera, la Lectio Divina, i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, l’adorazione eucaristica e l’accompagnamento spirituale;
Spandere ulteriormente i semi che la Parola produce formando i nuovi discepoli alla missione evangelizzatrice.

fra’ Saverio Benenati, ofm conv.