Un vuoto da riempire

L’esperienza della prima comunità cristiana ci insegna che il sepolcro e il cenacolo vuoti possono diventare luogo di incontro con il Vivente.

 

 

 

Riflettendo sulle feste pasquali ormai imminenti, sorge spontanea una domanda: Come mai la Chiesa proprio nella celebrazione della Pasqua non si è preoccupata né si preoccupa tutt’oggi di dimostrare la risurrezione di Cristo? Sia alla Veglia sia nel giorno di Pasqua tutto gira attorno ad una tomba vuota che di per sé non dimostra nulla. Gli stessi capi di Gerusalemme faranno mettere in giro la voce che “qualcuno” ha rubato nottetempo il corpo di Gesù.

Sappiamo che già nel giorno di Pasqua e poi nei giorni a seguire Gesù si mostrerà vivo ai suoi discepoli, converserà con loro, si farà toccare fisicamente e persino mangerà insieme ad essi.

Nel racconto dell’evangelista Giovanni circa la scoperta da parte di Maria di Magdala che la pietra era stata tolta e che il corpo di Gesù non era più all’interno del sepolcro (Gv 20,1-2), per descrivere entrambi i fatti viene usato il verbo aireo, che significa levare, creando un immediato parallelismo tra un elemento materiale (la pietra) e l’avvenimento fondante della fede cristiana (il Figlio di Dio). Inoltre, in ebraico le parole “pietra” e “figlio” (anche nel senso di persona che ci è cara) si pronunciano quasi allo stesso modo e nella Bibbia spesso si richiamano a vicenda. Così, la pietra tolta diventa il figlio tolto. Non è un caso, poi, se la parola greca con cui quasi tutti i racconti della Resurrezione indicano il sepolcro di Cristo è mnemeion, che significa anche monumento. Questo vocabolo è vicino al termine “memoriale”, la cui radice è il verbo mimnesco cioè ricordare. Ed effettivamente la tomba è un segno che permette di ricordare il defunto e di rielaborare il lutto di una persona assente. Per cui, Maria di Magdala che si reca al monumento-ricordo di Cristo significa che lei ci trasporta, attraverso la memoria, all’incontro con Lui, cosa che però, diversamente dal normale, avverrà materialmente di lì a poco. Il passaggio è evidente: fare memoria di Gesù diventa incontrare realmente Gesù.

È ciò che avviene anche la sera di Pasqua sia con i discepoli di Emmaus sia con gli altri discepoli riuniti nel cenacolo. Quando fanno memoria del sacrificio di Gesù ripetendo i gesti dell’ultima sua cena – il pane spezzato – Gesù si mostra ad essi vivo, risorto. L’assenza si fa presenza, la memoria diventa esperienza.

 

 

Seguendo la scia di questa riflessione, non appare inopportuno il parallelismo tra la tomba vuota e le nostre chiese vuote di giovani. Come Maria di Magdala ci ritroviamo a piangere un’assenza che lacera il cuore. E come lei, ci accontenteremmo di un cadavere su cui versare le nostre lacrime al posto di un nulla che ci opprime. E di fatto è forte la tentazione di riempire le chiese anche solo di giovani “cadaverici” che della fede cristiana non sanno che farsene.

Ma l’esperienza della prima comunità cristiana ci insegna che il sepolcro e il cenacolo vuoti possono diventare luogo di incontro con il Vivente se solo saremo capaci di fare memoria autentica di Cristo. L’evangelista Luca negli Atti degli Apostoli afferma poi che la comunità cristiana si andava riempiendo di nuovi fratelli e sorelle perché essa era assidua nell’ascolto della Parola, nello spezzare il Pane eucaristico, nella condivisione dell’amore fraterno e nel rendere operosa la carità in favore dei poveri (cfr At 2, 42-47). L’evangelista ci dimostra una piena corrispondenza tra il rendere presente Cristo Risorto nella comunità e la crescita numerica della stessa.

Se è vero che la comunità cresce e si moltiplica quando rende vivo l’amore di Dio in Cristo Gesù, allora quel vuoto di giovani, di fede, di missionarietà, e che rappresenta una dolorosa ferita nell’animo stesso della comunità, può essere risanata rendendo concreto l’amore di Dio in seno ad essa. Non abbiamo bisogno di giochi di prestigio per “risorgere” i giovani nelle comunità ecclesiali, ma solo di amare e di amarci come Gesù ci ha amati, rendendoci docili alla sua Parola d’amore, celebrando insieme ai fratelli il sacramento dell’amore, rendendo operosa la carità di Cristo nei confronti degli ultimi e dei poveri.  L’episodio di Tommaso che non incontra la sera di Pasqua il risorto perché non sta insieme ai fratelli nel fare memoria del Signore è un chiaro ammonimento verso chiunque ritiene di poterlo incontrare e testimoniare in solitaria, diviso e distante dal resto della comunità. Nessun discepolo è attrattivo di suo, ma solo l’amore fraterno che sa porre al centro il Signore risorto. Un amore che si prende cura dell’altro, talvolta pagando di persona come il buon Samaritano, e che è ben altra cosa della comitiva che funziona finché vengono appagati i bisogni materiali, affettivi o psicologici dei suoi membri. Se non si mette in circolo l’amore di Dio ci condanneremo ad un vuoto esistenziale e numerico che non lascia scampo.

Se dunque non sarà Maria di Madgala a trovare il Signore bensì sarà lui a trovarla al sepolcro vuoto, con lo stesso cuore appassionato d’amore per il Maestro lasciamoci anche noi trovare da lui e dai fratelli che egli vorrà donarci. E il giardino vuoto, bagnato dalle nostre lacrime d’amore, tornerà a fiorire e ad abbondare dei frutti della risurrezione.

fr. Saverio Benenati, ofm conv.