Per una vera riforma

Il Vangelo quale nostra “forma di vita” e l’Eucaristia quale “fonte e culmine” della nostra vita cristiana sono la vera “riforma” a cui Francesco richiama i fedeli cattolici di tutti i tempi e a cui come giovani MGF siamo chiamati a rispondere, anche e soprattutto con l’esperienza delle Porziuncole.

L’ispirazione per questa mia riflessione mi è venuta da un articolo pubblicato su Aleteia.org a firma di Brantly Millegan dal titolo “Quattro cose dei cattolici che scandalizzano davvero chi non crede. Abbiamo bisogno di un’altra riforma cattolica”. L’articolo, che riporterò integralmente di seguito, parte da quattro critiche, amare perché fondate, ai fedeli cattolici da parte di una persona che quotidianamente si confronta, nel contesto americano, con chi non crede o non appartiene alla Chiesa Cattolica e si conclude affermando che occorre una “una riforma. Non uno scisma, ma una vera riforma, allo stile di quella modellata dai santi, in cui possiamo rinnovare la nostra dedizione alla fede cattolica”.
Questa affermazione non poteva non sollecitare in me lo spirito francescano che ho accolto venticinque anni fa con la Professione dei consigli evangelici. San Francesco ottocento anni fa vive in un contesto sociale-religioso tumultuoso, segnato dall’insorgenza di vari movimenti di riforma della Chiesa. Tra eresia e santità i movimenti di rinnovamento spirituale del Medioevo attraversano la storia stessa d’Europa e si configurano a buon diritto come precursori della Riforma protestante e come terreno di origine per le riflessioni della successiva Riforma cattolica o Controriforma. Personaggi contemporanei a san Francesco, con quasi la medesima storia vocazionale come ad esempio Pietro Valdo (precursore della Riforma Protestante a cui si ispirerà la Chiesa evangelica valdese), si porranno nei confronti della Chiesa Cattolica in maniera diametralmente opposta. Mentre san Francesco avverte l’ispirazione divina di riformare se stesso all’interno della Chiesa Cattolica, senza alcun intento di fondare un nuovo Ordine religioso né di rifare la Chiesa secondo i fondamentali e più radicali princìpi evangelici, altri invece, constatando i “peccati” della Chiesa, si sono messi all’esterno di essa con l’intento di abbatterla – denunciandone le pecche – oppure costituendo delle sette con numerosi seguaci (vedi i catari-albigesi) che si mossero in maniera parallela ed esterna a quella Romana. E così quella che all’inizio voleva essere una Riforma della Chiesa si è invece tradotta in una “chiesa alternativa”, distinta inconciliabilmente dall’unica Santa Chiesa Cattolica e Apostolica.

La “riforma” francescana, invece, è stata veramente tale perché san Francesco non ha inteso riformare niente e nessun altro se non sé stesso a partire da Gesù-Parola e Gesù-Eucaristia. Nel suo Testamento, prima ancora di ricordare l’avvento dei primi frati, sottolinea la sua personale devozione alla Parola e all’Eucaristia da cui muove la sua vocazione e che non può non passare dalla Chiesa Cattolica e dai suoi ministri. Mentre altri “riformatori”, rigettando i ministri della chiesa gerarchica rigettarono di conseguenza la Parola da essi predicata e l’Eucaristia da essi amministrata, Francesco d’Assisi non cade in questa trappola. Ha bisogno della Parola e dell’Eucaristia per vivere la sua vocazione-missione a “riparare la Chiesa che va in rovina” e pertanto non può fare a meno della chiesa gerarchica. Così scrive il santo: “Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri. E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso. E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita.” (FF 112-115)

Se, dunque, oggi c’è bisogno di una riforma, non può che essere quella indicata dal Concilio Vaticano II che nello spirito autenticamente evangelico – e possiamo dire francescano – ha il suo fondamento proprio nella Dei Verbum-Parola di Dio e nell’Eucaristia “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (Lumen Gentium, 11). Così, Francesco, ricorda gli inizi dell’Ordine francescano: “E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò” (FF 116). Riformare la Chiesa, nell’autentico spirito francescano che è poi lo spirito conciliare del Vaticano II, equivale a rifondare la nostra fede sulla Parola e sull’Eucaristia, in comunione con i suoi ministri, altrimenti ci ritroveremmo come molti nella storia a fare una chiesa diversa da quella di Cristo; sarà la chiesa di qualcuno o di un qualche movimento spirituale, ma non la Chiesa di Cristo. Possiamo subire il fascino di buttare tutto giù per ricostruire la Chiesa ex-novo (o almeno desiderarla), secondo il nostro sentire e per quanto animato da buoni sentimenti, oppure lasciarci ispirare da quel lavoro francescano, paziente e non privo di fatiche, di riformare noi stessi e quindi, con la nostra testimonianza, ricollocare i fratelli, pietra su pietra, sull’unico fondamento che è Cristo da cui s’innalza l’edificio della Chiesa Apostolica.

Il Vangelo quale nostra “forma di vita” e l’Eucaristia quale “fonte e culmine” della nostra vita cristiana sono la vera “riforma” a cui Francesco richiama i fedeli cattolici di tutti i tempi e a cui come giovani MGF siamo chiamati a rispondere, anche e soprattutto con l’esperienza delle Porziuncole. Perciò, accogliamo nel nostro oggi, con fiducia e fattivo impegno personale, l’esortazione di Francesco morente: “Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto!” (FF 500).

Fatta questa lunga premessa, vi sottopongo l’articolo annunciato all’inizio che condivido appieno e sottoscrivo nella conclusione: abbiamo bisogno di una riforma… francescana! Buona riflessione.

fra’ Saverio Benenati

QUATTRO COSE…

“Molti cattolici non conoscono la Bibbia”, “molti cattolici usano anticoncezionali”, “la religione di molti cattolici è morta”… Non c’è niente di nuovo in queste e in altre critiche simili, soprattutto se hai trascorso un po’ di tempo difendendo la fede cattolica in Internet o da un’altra parte. Ad ogni modo, mi rattristano ugualmente, almeno per una ragione importante: sono assolutamente, innegabilmente e scandalosamente vere. Sì, noi cattolici siamo peccatori come qualsiasi altra persona, e il nominalismo contagia qualunque religione. Ma possiamo fare meglio. Abbiamo la pienezza del Vangelo di Gesù Cristo e l’accesso completo alla sua grazia infinita. Dovremmo adeguarci a uno standard più elevato.
È importante osservare che nessuno dei problemi che elenco qui sono inerenti al cattolicesimo in sé, perché derivano da cattolici che non vivono la propria fede. Ancor di più, nessuno di questi problemi è applicabile a tutti i cattolici, almeno non in modo significativo. Tutte queste cose, tuttavia, sono applicabili a un numero di cattolici sufficiente a provocare scandalo nei non cattolici, dando loro facili ragioni per non prendere sul serio il cattolicesimo.
Non pretendo di non essere parte del problema. Lo sono. Ma mi piacerebbe anche essere parte della soluzione. Per questo, ecco quattro cose che purtroppo noi cattolici facciamo e che scandalizzano a ragione i non cattolici, e che dobbiamo migliorare per offrire il Vangelo al mondo in modo più idoneo.

1. Non parlare abbastanza di Gesù
Viene rappresentato sulla croce al centro della maggior parte delle chiese cattoliche, è il suo Vangelo che siamo incaricati di portare fino ai confini della terra ed è misteriosamente presente sull’altare ad ogni Messa. Gesù è assolutamente al centro della fede cattolica, inizio e fine di tutto. Almeno si suppone che lo sia.
Questo problema è enorme e può essere esagerato. Anche tra i fedeli cattolici, a volte sembra che possiamo passare molto tempo parlando della Chiesa, del clero, del papa, della Messa, degli insegnamenti morali, dei sacramenti, di Maria e dei santi – tutte cose importanti –, ma menzionare difficilmente Gesù.
Lo ammetto: i cristiani evangelici a volte segnano un punto a loro favore quando dicono che tutte queste cose possono essere una distrazione. E hanno ragione a scandalizzarsi di questo.
Ovviamente la soluzione non è l’altro estremo, stabilendo una sorta di minimalismo, ma avere un ordine appropriato delle cose. I cattolici devono seguire l’insegnamento della loro Chiesa e mettere Gesù al di sopra di tutto, perché Egli è Dio incarnato e l’unico che può salvarci. Tutto il resto esiste solo per aiutare ad avvicinarci a Lui e deve essere considerato come tale.

2. Non conoscere le Scritture
“L’ignoranza delle Scritture è l’ignoranza di Cristo”. Non è la citazione di un predicatore fondamentalista della Bibbia, ma del santo e dottore della Chiesa del IV secolo Girolamo. È citato anche nella Dei Verbum, la Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione promulgata dal Concilio Vaticano II nel 1965. Sembra che molti cattolici siano ignoranti su Cristo.
La Chiesa cattolica è d’accordo con i nostri fratelli e le nostre sorelle protestanti sul fatto che la Bibbia è la Parola di Dio ispirata e inappellabile in tutto ciò che afferma. È la via principale mediante la quale impariamo cose su Cristo e sul cammino di salvezza. Noi cattolici abbiamo la Bibbia e siamo incoraggiati a conoscerla, ma la maggior parte di noi non la conosce.

3. Dissentire dall’insegnamento della Chiesa
Può sembrare contraddittorio, ma si riferisce in particolare a quegli insegnamenti con cui altri cristiani o non cristiani non sono d’accordo. Perché dovrebbero prendere sul serio l’insegnamento cattolico quando sembra che non lo facciano neanche i cattolici stessi?
Pur essendo un laico, offro umilmente questo pensiero, visto che molti protestanti me l’hanno espresso: è difficile per alcuni non cattolici prendere sul serio la presunta autorità dei vescovi (un aspetto essenziale del cattolicesimo) quando sembra che essi permettano una grande discrepanza.
Quando parlo con i miei amici evangelici della fede, posso indicare tutta la confusione e disunione che la sola scriptura provoca nei protestanti e poi mostrare che il magistero cattolico offre la soluzione – almeno in via di principio. Si ha l’impressione che i nostri vescovi permettano spesso grande disaccordo, confusione e disunione su temi importanti, mentre i protestanti hanno la sola scriptura. Perché, dicono, un vescovo è buono se in realtà non protegge la fede e mantiene un’apparenza di ordine? Questo può facilmente far sì che i protestanti accantonino la necessità del Magisterium, affermando che ciò che hanno i cattolici non è migliore di quello che hanno loro.

4. Non vivere l’insegnamento della Chiesa
Questo aspetto è simile al numero tre, e si riduce a questo: nessuno è attratto dall’ipocrisia. Questo messaggio non ha grande importanza, ma noi cattolici possiamo sempre usare questo promemoria. Sì, tutti pecchiamo e nessuno è perfetto, non importa quale religione professi. Ma ci stiamo almeno provando? La nostra fede fa qualche differenza?
È un eufemismo dire che la Chiesa ha atteggiamenti morali controculturali, ma la sua testimonianza si riduce enormemente quando sembra che noi cattolici non cerchiamo di viverli. Non ispira i non cattolici a elevarsi all’eroica virtù richiesta dagli insegnamenti della Chiesa il fatto che i cattolici non sembrino neanche provarci.

Abbiamo bisogno di una riforma
Non è mia intenzione far sì che la gente resti solo nella Chiesa in sé. La Chiesa è la Chiesa di Cristo, indipendentemente dalla fedeltà (o mancanza di essa) dei suoi membri in un determinato momento. Ed esistono fedeli cattolici che stanno facendo cose meravigliose.
Ma abbiamo bisogno di una riforma. Non uno scisma, ma una vera riforma, allo stile di quella modellata dai santi, in cui possiamo rinnovare la nostra dedizione alla fede cattolica. È allora che possiamo, in modo efficace, rispettare il comandamento di Cristo, e il primo proposito dell’esistenza della Chiesa: portare il Vangelo della salvezza al mondo intero.

[Autore: Brantly Millegan – Fonte: Aleteia.org]