Follower francescani

La Regola non bollata di san Francesco, di cui celebriamo nel 2021 gli ottocento anni dalla stesura, parla fin dalle prime battute di sequela, che la vita dei frati consiste nel “seguire la dottrina e l’esempio del Signore nostro Gesù Cristo”.

 

 

Con l’avvento dei social-network forse non c’è parola più usata ed abusata dell’inglese “follower”, seguace. Gli “influencer” sono e possono dirsi tali quando hanno migliaia se non milioni di follower. E più sono i follower maggiori sono i profitti economici e il potere esercitato dagli influencer. A guardare bene le loro pubblicazioni, spesso contenenti il nulla, appare chiaro come lo scopo di un influencer altro non sia che conteggiare i click dei suoi follower. La loro fortuna, la loro notorietà, la loro influenza, soprattutto nei confronti dei giovani, è legata ai click, ai “mi piace” dei follower e per questo sono disposti ad assecondarli nei loro interessi, nei discorsi politically-correct, nell’essere sempre alla moda o a lanciarne di nuove, magari con prodotti di aziende a loro stessi intestate.

Francesco d’Assisi ottocento anni fa incontrò una persona, Gesù Cristo, di cui si innamorò perdutamente e che influenzò radicalmente tutta la sua esistenza. E quasi subito tanti altri giovani si misero a seguire Cristo alla maniera di Francesco. Per dirla in chiave moderna, Francesco fu l’interfaccia social di Gesù e del suo stile di vita, il Vangelo.

Ancora oggi, Francesco per tanti giovani è attrattivo, accattivante, intrigante, come una foto su Instagram o un video su TikTok o su YouTube. Ma molti si limitano solo a dargli uno sguardo distaccato e ad esprimergli il proprio apprezzamento senza un particolare coinvolgimento personale.

Ma una vera sequela esige, invece, una coerente risposta alla “call to action” dell’influencer. Non si può seguire Gesù senza incarnare il suo insegnamento contenuto nel Vangelo – Francesco parla di “seguire la sua dottrina” – né si può esprimere un “mi piace” accanto a tanti altri, magari opposti e contrari. Così scrive Francesco nella sua sesta Ammonizione: «Guardiamo, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce. Le pecore del Signore lo seguirono nella tribolazione e nella persecuzione e nell’ignominia, nella fame e nella sete, nell’infermità e nella tentazione e in altre simili cose e ne ricevettero dal Signore la vita eterna. Perciò è grande vergogna per noi servi del Signore il fatto che i santi operarono con i fatti e noi raccontando le cose che essi fecero ne vogliamo ricevere onore e gloria» (FF 155).

Francesco, fin dalle prime battute della sua Regola, ci invita a seguire Gesù non a parole o a forza di “mi piace”, ma con un agire compromettente, espropriato da ogni attaccamento terreno: senza nulla di proprio, portando la propria croce come fece Cristo in obbedienza al Padre e mettendo al centro e a misura delle relazioni Gesù e il suo amore universale: in castità.

La “vita dei frati” si fonda, dunque, nel camminare dietro Gesù alla maniera di Francesco e dei suoi fratelli che, al pari suo, hanno risposto alla chiamata ad un discepolato non di ammirazione, ma di azione. Non seguaci fermi, come di fronte allo schermo dello smartphone, ma in cammino, dietro Gesù e per le strade del mondo. Essere “frati minori” è, perciò, come scrivono i Ministri Generali francescani nella lettera “Seguire e vivere” (4 Ottobre 2020), «un modo di stare nella vita; e in tal senso è un modo di stare in relazione: con le persone, con il creato, con Dio».

fra’ Saverio Benenati, ofm conv.