È dalla mancanza di una vera comprensione reciproca che tante relazioni, quali il matrimonio e l’amicizia, sono destinate al fallimento e i soggetti in causa ad escludersi l’un l’altro.
Il verbo comprendere viene dal latino cum-prehendere, prendere insieme ovvero contenere in sé.
Il suo contrario è il verbo escludere, da ex-claudere, chiudere fuori.
Chi è, dunque, la persona comprensiva? Quella che sa accogliere l’altro così com’è, che lo fa entrare nella propria vita totalmente, nei momenti felici e in quelli infelici, nella gloria e nel disonore, negli aspetti che aggradano e in quelli che ripugnano. Comprensivo è chi accoglie l’altro nella sua interezza, senza escludere a priori le pesantezze dell’altro, nei suoi momenti e aspetti peggiori. Nella comprensione si accoglie l’altro nella propria vita e nella propria storia sicché da quel momento in poi la propria vita e la propria storia intraprendono un nuovo percorso e un nuovo significato. In questo senso comprendere e conoscere sono sinonimi: non è un caso che il verbo “conoscere” nella Scrittura indica l’unione intima tra un uomo e una donna che è il massimo del comprendersi reciprocamente, del diventare una cosa sola. Il comprensivo è colui che conosce l’altro e lo accoglie così com’è.
La comprensione, come accoglienza piena dell’altro e pertanto conoscenza dell’altro, così intesa è uno dei volti della carità che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,7).
Se non c’è comprensione allora non c’è carità e niente è scusato, niente sopportato; non c’è spazio per la fiducia, né, tanto meno, per la speranza. Esiste solo l’esclusione, il gettare via da sé l’altro.È dalla mancanza di una vera comprensione reciproca, espressione di una mancata conoscenza e stima reciproca, che tante relazioni, quali il matrimonio e l’amicizia, sono destinate al fallimento e i soggetti in causa ad escludersi l’un l’altro.
Il libro del Siracide al cap. 6 ci ricorda quanto è difficile trovare un amico fedele che non ti esclude nella difficoltà, così come nei Vangeli (cfr Mc 10,1-12) Gesù ci ricorda che il ripudio-divorzio, l’escludere dalla propria vita il coniuge, è frutto della durezza del cuore che lo rende incapace di comprendere pienamente e per sempre l’altro.
Il suo contrario è il verbo escludere, da ex-claudere, chiudere fuori.
Chi è, dunque, la persona comprensiva? Quella che sa accogliere l’altro così com’è, che lo fa entrare nella propria vita totalmente, nei momenti felici e in quelli infelici, nella gloria e nel disonore, negli aspetti che aggradano e in quelli che ripugnano. Comprensivo è chi accoglie l’altro nella sua interezza, senza escludere a priori le pesantezze dell’altro, nei suoi momenti e aspetti peggiori. Nella comprensione si accoglie l’altro nella propria vita e nella propria storia sicché da quel momento in poi la propria vita e la propria storia intraprendono un nuovo percorso e un nuovo significato. In questo senso comprendere e conoscere sono sinonimi: non è un caso che il verbo “conoscere” nella Scrittura indica l’unione intima tra un uomo e una donna che è il massimo del comprendersi reciprocamente, del diventare una cosa sola. Il comprensivo è colui che conosce l’altro e lo accoglie così com’è.
La comprensione, come accoglienza piena dell’altro e pertanto conoscenza dell’altro, così intesa è uno dei volti della carità che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,7).
Se non c’è comprensione allora non c’è carità e niente è scusato, niente sopportato; non c’è spazio per la fiducia, né, tanto meno, per la speranza. Esiste solo l’esclusione, il gettare via da sé l’altro.È dalla mancanza di una vera comprensione reciproca, espressione di una mancata conoscenza e stima reciproca, che tante relazioni, quali il matrimonio e l’amicizia, sono destinate al fallimento e i soggetti in causa ad escludersi l’un l’altro.
Il libro del Siracide al cap. 6 ci ricorda quanto è difficile trovare un amico fedele che non ti esclude nella difficoltà, così come nei Vangeli (cfr Mc 10,1-12) Gesù ci ricorda che il ripudio-divorzio, l’escludere dalla propria vita il coniuge, è frutto della durezza del cuore che lo rende incapace di comprendere pienamente e per sempre l’altro.
«C’è chi è amico quando gli fa comodo,
ma non resiste nel giorno della tua sventura.
C’è anche l’amico che si cambia in nemico
e scoprirà i vostri litigi a tuo disonore.
C’è l’amico compagno di tavola,
ma non resiste nel giorno della tua sventura.
Nella tua fortuna sarà un altro te stesso
e parlerà liberamente con i tuoi servi.
Ma se sarai umiliato, si ergerà contro di te
e si nasconderà dalla tua presenza».– Siracide 6,8-12
fra’ Saverio Benenati, OFM Conv.