Annunciatori scandalosi

Si può essere annunciatori di Gesù lungo le strade del mondo, ma poi non “perfezionare” il senso dell’annuncio che è l’incontro tra gli uomini e Gesù. A che serve annunciare il Vangelo se poi l’incontro non si realizza o viene perfino colpevolmente ostacolato? Stare “vicino” a Gesù e “vicino” alla Chiesa non è garanzia di discepolato né tanto meno di capacità missionaria.

Mentre non posso non invitarvi a leggere tutta per intero l’Evangelii Gaudium, l’esortazione apostolica di Papa Francesco sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, proprio a partire dall’esperienza di tanti anni profusi nella Nuova Evangelizzazione nell’ambito giovanile mi preme evidenziare un pericolo tanto diffuso quando ci si improvvisa annunciatori del Vangelo sull’onda dell’entusiasmo derivante da eventi, esperienze o esortazioni quale, appunto, quella recente del Papa. È il pericolo ben descritto dall’evangelista Luca nel diciottesimo capitolo (vv. 35-43) del suo Vangelo. Gesù è alle porte di Gerico, l’ultimo bastione che si frappose, ai tempi di Giosué successore di Mosé, tra il popolo eletto uscito dall’Egitto e la terra promessa ove stava per entrare; la città dalla quale si snoda l’irto serpentone stradale che conduce a Gerusalemme dove il Nazareno sta per realizzarvi il suo ingresso messianico. Attorno a Gesù c’è una gran folla che lo segue, oltre ai suoi discepoli. Ai bordi della strada sta il cieco Bartimeo a mendicare qualche spicciolo per poter sopravvivere. È abituato alle folle che percorrono quella strada in direzione della città santa e del suo tempio, soprattutto nei tempi dei grandi pellegrinaggi. La Pasqua ebraica è ormai vicina e le strade che conducono a Gerusalemme sono piene di fedeli rumorosi che cantano i salmi dei pellegrinaggi, desiderosi di rivedere le sue possenti mura, le sue porte maestose e il tempio che risplende dei suoi ornamenti dorati.

Bartimeo si rende conto, però, che la folla che gli sta passando dinanzi non è la solita folla di pellegrini. Rumoreggia sì, ma non come le orde disordinate dei soliti pellegrini. Si rende conto, forse dal loro tipico accento, che non sono i soliti devoti giudei che inneggiano al Signore, bensì i meno pii e meno graditi galilei, rei di essersi contaminati negli usi e nei costumi con i pagani con i quali convivono da anni. La domanda su cosa sta accadendo è d’obbligo. «Gli annunciarono: “Passa Gesù, il Nazareno!”». Bartimeo, il mendicante cieco, riceve l’annuncio di Gesù, colui di cui ha sentito dire abbia guarito lebbrosi, paralitici e perfino ciechi come lui…

Quella folla gioiosa e festante che accompagna Gesù è capace di fare un annuncio altrettanto gioioso del “profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo” (Lc 24,19). Ha ascoltato le sue parole di misericordia e d’amore; ha visto sicuramente molti miracoli e prodigi che egli ha compiuto dinanzi ai loro occhi; e ora lo accompagna alla città santa dove, ha annunciato, instaurerà il suo regno, quel regno promesso ai padri e annunciato dai profeti.

Bartimeo, «allora gridò dicendo: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”». Bartimeo grida al discendente del re Davide, l’annunciato e atteso messia, il maestro che compiva prodigi e che stava andando a prendere possesso del trono d’Israele, pietà! A Gesù rivolge quell’invocazione che solo a Dio poteva essere rivolta poiché solo Dio poteva aver pietà e compiere miracoli. Riconosce che colui che gli sta per passare dinanzi, proprio in quella strada dove da tempo siede a mendicare un po’ di compassione, è il figlio di Davide, il Re-Messia promesso e inviato da Dio. A lui grida tutto il suo bisogno e la sua fiducia: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”.

Ma, sottolinea l’evangelista, «quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse». Gli hanno annunciato Gesù, ma lo rimproverano perché taccia! Assurdo! Gli suscitano il desiderio di Gesù mediante l’annuncio, ma tanto basta. Ma Bartimeo non desiste e grida con tutta la voce che ha in gola, «ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”». Sì, bisogna scavalcare quella folla che mentre accompagna Gesù e lo annuncia, gli vuol rendere praticamente impossibile l’incontro che può cambiargli quella misera esistenza, sprofondata nel buio e nella disperazione e perciò «gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”».

Bartimeo non può individuare, a motivo della sua cecità, dove si trova esattamente Gesù, così come non sa che chi gli sta intimando di tacere non è un “seguace”, un discepolo di Gesù, ma gente che gli “camminava avanti”. Non sta dietro Gesù, non cammina dietro Gesù, come Egli ha richiesto ai suoi discepoli e perfino intimato allo stesso Pietro a Cesarea di Filippo quando il primo degli apostoli rimprovera il Maestro come ora la folla rimprovera Bartimeo: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo», cioè di ostacolo (Mt 16,23). La gente che rimprovera Bartimeo e gli intima di tacere non è fatta di evangelizzatori, ma – passatemi il gioco di parole – di “annunciatori scandalosi”, cioè annunciatori che però ostacolano l’incontro con Gesù. Perché si può essere annunciatori di Gesù lungo le strade del mondo, ma poi non “perfezionare” il senso dell’annuncio che è l’incontro tra gli uomini e Gesù. A che serve annunciare il Vangelo se poi l’incontro non si realizza o viene perfino colpevolmente ostacolato? Gesù aveva inviato i suoi discepoli «a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» perché preparassero la sua venuta e, quindi, permettessero l’incontro con Lui (cfr Lc 10). Invece, questa gente che precede Gesù ripulisce solo la strada, gli fa largo, gli crea il vuoto attorno… gli sta vicina ma non lo ha incontrato veramente e personalmente e, pertanto, non è capace di condurre a Lui. Stare “vicino” a Gesù, “vicino” alla Chiesa, non è garanzia di discepolato né tanto meno di capacità missionaria. Così, Papa Francesco, proprio all’inizio dell’Evangelii Gaudium lancia un forte appello che poi svilupperà in tutto il resto del testo in vario modo: Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta (n. 3)… Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva» (n. 7).

Stiamo, perciò, dietro Gesù come discepoli che lo hanno incontrato, hanno rinnovato la propria vita in Lui e grazie a Lui e lo seguono ovunque Egli va, ma allo stesso tempo camminiamo innanzi a Gesù perché altri possano incontrarlo, possano vedere o tornare a vedere la Luce e così, anch’essi, affidargli le proprie vite ed essere a loro volta discepoli missionari. Papa Francesco esprime questo concetto in tutta la Evangelii Gaudium definendo appunto i cristiani non con il solo appellativo di discepoli, bensì accostandolo sempre a quello di missionari, e al n. 120 così spiega: Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Se non siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Abbiamo incontrato il Messia» (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire dal suo incontro con Gesù Cristo, «subito annunciava che Gesù è il figlio di Dio» (At 9,20). E noi che cosa aspettiamo?

Cosa aspettiamo a portare l’annuncio di Gesù ai nostri fratelli, mendichi lungo i bordi delle strade, tra l’indifferenza generale e, talvolta, colpevole della Chiesa stessa? Cosa aspettiamo a perfezionare questo annuncio con il condurre a Gesù i nostri fratelli che gridano giorno e notte verso di Lui?

Abbiamo ricevuto tanto da Gesù e grazie a quei fratelli e sorelle che si sono spesi per farci incontrare con Lui. Non erano e non sono supereroi, ma solo testimoni gioiosi di un incontro che ha cambiato le loro vite. Fratelli e sorelle che sono stati capaci di passare dall’emozione di un momento alla difficile e, talvolta, sofferta sequela di Cristo, impegnandosi a conoscerlo sempre più e sempre meglio con una formazione continua e con una perseverante preghiera, nella comunità locale come nelle Porziuncole e le attività promosse dal Progetto Discepoli.

Tu, fratello e sorella che sei stato condotto/a a Gesù, che lo hai incontrato, che ti sei compromesso/a con Lui per crescere come suo discepolo missionario nelle Porziuncole e nella comunità locale… cosa stai aspettando?

fra’ Saverio Benenati