Gesù non ti sta chiamando a qualcosa di piccolo

Ti rendi conto a quale grande opera Gesù ti sta chiamando?! Lui ci si è giocata la vita e tu vuoi continuare ad accontentarti di una vita mediocre, piccola, da spettatore?!

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». (Mt 25,1-13)

Questo è uno dei testi evangelici che più fanno problema a qualsiasi cristiano, laico o chiamato alla vita consacrata che sia. Gesù si volta indietro e vede una grande folla seguirlo. Tanti vanno dietro Gesù perché gli piacciono i suoi insegnamenti, perché sperano di ricevere da lui una grazia particolare oppure cercano solamente di trovare conferme nella scelta di andargli dietro assistendo a qualche suo prodigio o ancora perché vogliono credere e sperare che sia veramente lui il Messia liberatore tanto atteso…

Tutti coloro che si dicono credenti e magari praticanti – come se le due cose si possano scindere – hanno le proprie personali motivazioni e aspettative nel dirsi seguaci di Gesù e del suo Vangelo, ma pochi sono quelli che si interrogano seriamente su quali siano le aspettative di Gesù nei loro confronti. Gesù, infatti, è venuto con uno scopo ben preciso: non solo formare dei credenti, ma a partire dalla fede in lui, a formare discepoli cui affidare la missione di formare altri credenti-discepoli.

Per compiere questo progetto Gesù ha abbandonato tutto, si è spogliato di tutta la sua gloria divina per assumere la condizione di uomo e di servo, accettando pure di portare la croce in obbedienza e abbandono totali al progetto del Padre (cfr Fil 2,5-11). È logico, pertanto, che quanti sono chiamati a diventare formatori di discepoli al pari suo non possono non assumere lo stesso atteggiamento di obbedienza, di “svuotamento” e di abbandono di ogni attaccamento, per mettere Gesù e il suo progetto al di sopra di tutto: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo».

L’essere discepoli di Gesù è funzionale a qualcosa di più grande del semplice “seguire” o “ascoltare” o anche del “mettere in pratica” il Vangelo: «Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro» (Lc 6,40). L’obiettivo è diventare come Gesù, Alter Christus, diventare come il Maestro! Perciò, Gesù non sta proponendo qualcosa di piccolo, un semplice andare dietro lui e le sue cosiddette norme morali, ma qualcosa di molto grande: diventare capaci, come lui, di portare alla fede gli uomini, renderli suoi discepoli e a loro volta capaci di formare altri discepoli. Scopo del discepolato cristiano, soprattutto per chi è chiamato alla consacrazione nella vita religiosa e/o sacerdotale, è diventare formatori di formatori di discepoli. Questo è infatti il “grande mandato” che Gesù affida a quanti hanno “completato” il processo di formazione discepolare: «fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20).

Questa è la torre che ogni discepolo è chiamato a costruire con fatica; questa è la battaglia da vincere nei confronti del grande nemico che è la propria mancanza di determinazione! Il Signore Gesù ci mette la sua Grazia; suo è il solido basamento, la roccia su cui va costruita la torre (cfr Lc 6,48); sue sono le armi per la battaglia (cfr Ef 6,13-17). Lui ci mette nelle condizioni di conseguire l’obiettivo, ma a noi appartiene tutta la fatica del compiere l’opera. Perciò sta a noi investire tutto noi stessi in questa grande opera che ci fa “simili” a Lui nel rapporto con l’opera di salvezza voluta da Padre per l’umanità: «Padre… Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare… Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo» (Gv 17,4.18).

Essere simili a Gesù, fedeli al progetto di salvezza del Padre, compiendo la sua stessa opera in favore dell’umanità, con le stesse modalità con cui Gesù l’ha realizzata, non è qualcosa di piccolo e di facile. Gesù si è consacrato totalmente all’opera della salvezza e si è assicurato che ritornando al Padre ci fossero degli uomini capaci di continuarla. Per questa opera e per i suoi discepoli non ha risparmiato neanche la propria vita. Niente è stato per lui più importante di questo. Perciò, sì, chi non è capace di mettere Gesù e il suo progetto per l’uomo, facendosene strumento con la propria vita, al di sopra di qualsiasi altra cosa non può essere suo discepolo.

Ciò non significa che il padre, la madre… e perfino la propria vita non abbiano senso o valore nella vita e nell’opera di ogni discepolo. Per Gesù sua madre Maria è stata così importante nella realizzazione della sua opera che ce l’ha voluta lasciare in eredità quale suo bene più prezioso. Allo stesso modo ogni discepolo di Gesù è chiamato a ricondurre all’interno della propria crescita e della propria missione, nella forma della collaborazione e non come ostacolo, tutto quanto fa parte della propria esistenza. Quanto, invece, rappresenta un ostacolo o un freno va messo in secondo piano o perfino allontanato.

Se l’opera di Gesù per noi e attraverso di noi non assume un tale valore di grandezza assoluta, allora meglio restare indietro, nell’anonimato assicurato dalla folla, ma con la consapevolezza che non avremo mai quel “nome” che Gesù ha imposto ai suoi discepoli fedeli e per i quali ha dato la sua vita fin sulla croce: «vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda» (Gv 15,15-16).

Ti rendi conto a quale grande opera Gesù ti sta chiamando?! Lui ci si è giocata la vita e ha pregato il Padre che la gloria che ne ha ricevuto venisse partecipata anche ai suoi amici-discepoli. E tu vuoi continuare ad accontentarti di una vita mediocre, piccola, da spettatore?! Per quanto ancora vuoi rimandare il tuo “sì”?

Ciò che Gesù ha promesso ai suoi primi discepoli lo promette anche a te che stai avvertendo la sua chiamata: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1,17). Il compimento di questa promessa dipende solo da te, dalla tua disponibilità a investirci tutta la tua esistenza… perfino la tua vita.

fra’ Saverio Benenati, ofm conv