Per piacere o per amore?

Se ti piace un fiore, lo raccogli e lo porti con te, mentre se lo ami, lo innaffi e te ne prendi cura.

 

 

Una delle tante declinazioni dell’amore in chiave moderna tra i giovani, ma non solo, è il piacere. Per amarsi bisogna piacersi, si dice. Così come, abbandonato il romanticismo di una volta, spesso ci si approccia ad un possibile partner con un diretto “Tu mi piaci!”. Un consiglio? Fuggite a gambe levate! Dietro l’angolo è accatastata e pronta per voi montagna di dispiaceri.

Il piacere (dal latino placere, da cui placare) corrisponde al soddisfacimento di un bisogno, come quando si placa la fame o la sete mangiando o bevendo. Pertanto, una cosa che piace è destinata a diventare possesso del soggetto a cui piace. Non conta tanto il valore dell’oggetto del piacere, ma il bisogno che va a placare.

Fa tanto male oggi vedere tanti adolescenti, spesso di sesso femminile, che fanno di tutto per piacere ai loro coetanei e le loro coetanee, non solo e non tanto affettivamente, ma anche solo per essere accettati/e dal gruppo. Fa altrettanto male incontrare tante giovani ragazze ferite, talvolta devastate moralmente e psicologicamente, da amici o da partner verso cui avevano concesso di tutto pur di piacergli e soddisfare il loro piacere. È un’esperienza che viviamo costantemente ascoltando le storie di tanti giovani ragazzi e ragazze che accogliamo ai nostri incontri e serate conviviali. Spesso ci viene detto, anche dopo un solo incontro, che tra noi si respira amore, si vede e si tocca con mano. Per molti di loro è la prima volta che sperimentano cosa sia veramente l’amore, l’amicizia, l’accoglienza gratuita.

Al contrario del piacere, l’amore non parte da un bisogno personale che esige di essere placato, ma è sempre un dono che viene fatto all’altro per rispettarlo nella sua identità ed eventualmente prendersene cura soddisfacendo i suoi bisogni. Se ti piace un fiore, lo raccogli, talvolta lo strappi dalla pianta senza troppi scrupoli, e lo porti con te. Quando seccherà – poiché seccherà! – lo butterai via e magari andrai a cercarne un altro… Se, invece, un fiore lo ami, non lo recidi, ma ne ammiri la bellezza, gli dai dell’acqua, lo ripari dalle intemperie.

Ognuno di noi è come un fiore, l’uno diverso dall’altro, ognuno con la sua innata bellezza, che non deve sforzarsi di piacere a questo o a quell’altro, di diventare un loro oggetto di piacere finché non gli andiamo a noia o non ci abbiano risucchiato l’esistenza. Al contrario, abbiamo bisogno di qualcuno che ci sappia apprezzare per quello che siamo, che sappia riconoscere la nostra bellezza interiore, che sappia vedere e, se necessario, prendersi cura delle nostre ferite, non perché ne possa ricevere un contraccambio, ma semplicemente perché ci ama.

Qualcuno, però, confonde l’amore, quello che gli viene donato, come opportunità per soddisfare i propri bisogni affettivi, psicologici o materiali. Si desidera amore, di essere amati, ma in verità stiamo solamente cercando il nostro piacere. E se ciò che ci viene donato non ci soddisfa pienamente, non placa il nostro bisogno, ce ne allontaniamo irritati. Scriveva il Petrarca che “Amor con amor si paga, chi con amor non paga, degno di amar non è”. Si ama e si riceve amore non per piacere o piacersi, ma per dono, con quella gratuità che è la caratteristica fondamentale dell’amore.

Gesù ci ha detto di amarci l’un l’altro come lui ci ha amati, con la sua generosità e gratuità. È questa infinita Grazia – gratis, gratuita – che abbiamo sperimentato nell’amore di Dio per noi, che vogliamo comunicarci tra noi e con tutti e che ci viene riconosciuta da quanti frequentano i nostri incontri. È sempre bello e motivo di ringraziamento al Signore vedere come tanti giovani tornano a rifiorire quando sperimentano la potenza dell’amore, dopo essere stati gettati via da quanti l’avevano semplicemente usati come oggetti di piacere. Ad amare si impara amando, ma, ancor prima, ricevendo amore da cui si impara la grammatica dell’amore, distinguendola dalle sue perverse e false declinazioni.